lunedì 5 dicembre 2011

Storia della caduta della perla Cristiana d'Oriente(parte 1°):Il Concilio di Firenze e il naufragio dell'unione con l'Oriente.

Bolla d'unione bilingue del 1439 con firma e bolla d'oro dell'imperatore bizantino



tratto da: Ludwig von PASTOR, Storia dei Papi. Dalla fine del medio evo, Desclée, Roma 1942, vol. 1 (1305-1458), p. 587-589.

Il Concilio di Firenze, nel quale i teologi dell'Oriente e dell'Occidente misurarono le loro forze, avevano rimosso sotto il rispetto dogmatico il muro divisorio, che separava la Chiesa greca dalla latina. L'attuazione della comunione ecclesiastica ivi espressa con Roma parve l'unico mezzo per sanare le gravi ferite, di cui aveva a soffrire la Chiesa orientale come qualsiasi altra chiesa particolare strappata dalla chiesa mondiale universale (1) e per dare nuova forza vitale all'impero bizantino.

Ma i Greci presenti a Firenze non poterono far valere in patria quanto avevano accordato: una violenta opposizione si sollevò nel popolo e nel clero contro l'unione. Partendo dal punto di vista greco-nazionale, specialmente il passionato Marco Eugenico e il senza carattere Gennadio, combatterono contro l'unione con una perseveranza e vigoria, che sarebbero state degne di miglior causa. Era nella natura delle cose, che fra clero e popolo gli scritti di questi uomini trovassero maggior eco ed esercitassero influsso più grande, che non le spiegazioni degli amici dell'unione, i quali, dato il fanatico antilatinismo della maggioranza dei Greci, avevano a priori una condizione difficilissima. V'erano, sì, fra i paladini dell'unione ecclesiastica dei dotti distinti; così, avanti tutti, il cardinal Bessarione, che sino alla morte è rimasto campione dell'unione delle Chiese, inoltre Giuseppe vescovo di Metone e Gregorio Mammas (2); ma, come sempre il partito di difesa si trova in svantaggio di fronte a quello di offesa, così anche in questo caso. I prefati uomini egregi non furono in grado di rendere innocue le calunnie degli scismatici e tanto meno perchè il partito d'opposizione contava nelle sue file un combattente, che univa grande abilità e dottrina ad estrema passione. Questo uomo infausto era il ricordato Marco Eugenico. Egli fece tutto ciò che era in suo potere per sollevare monaci, clero e popolo contro la pace ecclesiastica stabilita tra Roma e Costantinopoli. Gli aderenti all'unione furono coperti di scherno e onta, chiamati azimiti, traditori, apostati ed eretici. L'avversione della grande massa del clero e del popolo, pieno di pregiudizi, contro la più lieve traccia d'una comunione ecclesiastica cogli amici della confessione romana crebbe di giorno in giorno, mentre l'imperatore trascurò di dare una solida base all'unione mediante immediata e rigorosa manifestazione del suo volere (3). Trascinati dal sentimento universale, anche molti di quei prelati, che avevano collaborato all'unione in Firenze, adesso si pentirono ed espressero pubblicamente il loro rammarico per essersi lasciati indurre a sottoscrivere il decreto d'unione! L'interno distacco spirituale dall'Occidente era sì profondamente radicato, che sotto queste circostanze l'unione non poteva assolutamente guadagnar terreno. Allorquando il nuovo patriarca di Costantinopoli, Metrofane, procedette con energia contro i passionati nemici dell'unione ecclesiastica, i tre patriarchi di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme emanarono una forte protesta, comandarono, sotto pena di scomunica, agli ecclesiastici messi in carica da Metrofane, di deporre i loro uffici e minacciarono all'imperatore di non più ricordarlo nella preghiera qualora non si staccasse dagli stranieri dogmi fiorentini (4).

Frattanto la causa dell'unione aveva avuto la peggio anche nella Russia propriamente detta. Dopo la fine del concilio di Firenze pieno delle più vaste speranze il metropolita Isidoro, nella sua qualità di cardinale e legato del Nord (5), aveva da Pola iniziato il suo viaggio verso Mosca. Il 5 marzo 1440 egli incitò da Budapest i Russi e Lituani ad accogliere l'unione; conforme ai decreti fiorentini doveva stabilirsi l'unità nel dogma (dottrina intorno allo Spirito Santo e al primato del papa), rimanendo in compenso intatto il rito greco. In molti luoghi, come a Chelm, Kiew, anche a Smolensk, la saggia moderazione di Roma non rimase senza effetto, ma in parecchi altri la popolazione russa si rifiutò di assistere alle messe del legato pontificio. La vera decisione era a Mosca, di cui Isidoro toccò la terra il 19 marzo 1441. Un giudizio definitivo non può darsi per la ragione, che sugli avvenimenti che seguono non abbiamo se non fonti russe. È tuttavia molto verosimile, che Isidoro abbia fatto troppo basso calcolo delle difficoltà contrarie procedendo anche con soverchia energia. Il granduca Vasili ricevette Isidoro cogli onori competenti al suo grado e lo accompagnò alla chiesa. Appena finita la messa Isidoro fece leggere i decreti fiorentini, che a Mosca non erano ancora conosciuti, la qual cosa gettò il granduca, tutto preoccupato dai pregiudizi greci, in tale eccitazione, che fece imprigionare Isidoro come apostata e condurlo avanti a un tribunale di vescovi e abbati. Prima che questo tribunale desse la sua facilmente prevedibile sentenza, Isidoro riuscì a fuggire il 15 settembre 1441, forse non senza saputa di Vasili, e poichè anche i Polacchi, cattolici bensì, ma dediti al concilio di Basilea, non erano propensi a lui, il cardinale di Eugenio IV se ne tornò in Italia (6). Era andato fallito il tentativo di strappare allo scisma la Russia propriamente detta colla metropoli di Mosca; soltanto la metropoli di Kiew coi suoi vescovadi suffraganei di Brjansk, Smolensk, Peremyschl, Turow, Luzk, Wladimir, Polotsk, Chelm e Halitsch rimasero fedeli all'unione (7). Certo può appena soggiacere a dubbio, che per ignoranza delle condizioni russe Isidoro sia andato avanti con troppa rapidità e precipitazione. Per guadagnare un popolo sì poco istruito e avverso ai Latini come i Russi, sarebbero stati necessarii più lunghi preparativi e maggior prudenza. Quanto più lievi erano stati i successi cogli Slavi, Eugenio IV fece ora sforzi tanto maggiori attorno ai Bizantini. Isidoro fu bentosto incaricato di una nuova missione a Costantinopoli, intorno al quale invio non abbiamo particolari (8): una cosa è sicura: che la causa dell'unione rimase anche là senza speranze.

Forse ancor più svantaggiosamente che l'esempio della Russia operò a Bisanzio sugli umori della gente la notizia della terribile sconfitta dell'esercito cristiano presso Varna (10 novembre 1444): la speranza che l'unione con Roma offrirebbe la liberazione dal pericolo turco, si risolse ora in nulla.