La vittoria di Radetzky a Novara (1849) |
Ora in taluni si va svolgendo una specie di simpatia per l'a...ustriaco, e ciò che è peggio si è che la parola che da costoro proclamata nelle piazze, nei convegni, nelle bettole trova facile accoglienza nelle turbe ed ignoranti. Non è nuovo udire “Viva i tedeschi” né straordinario “Porci di signori, potevano lasciare le cose come erano senza tribolare tanto il mondo”, oppure “Li ammazzasse tutti questi signori, il Radetzky”, ed ancora “siamo ben stolti a farci ammazzare dai signori che sono carbonari”. Codeste espressioni che io volli esporre nella loro naturale, nativa grettezza, sono della più alta significanza perché accennano a principi comunistici, antisociali, innazionali, dissolventi. Guai se prevalessero in modo delle moltitudini da armarne il braccio in questi decisi momenti. A Vedano Varesino (oggi Vedano Olona, ndr) erasi già passato a qualche atto reattivo. Si era suonata la campana, radunato il popolo, dichiarato di non pagare decime, livelli, fitti ecc. ecc.
(Lettera di un osservatore preoccupato della situazione di insofferenza dei paesi del vareotto nei confronti del governo provvisorio lombardo, 22 giugno 1848)
Episodio simile si verificò anche in Valtellina dove, nel comune di Ponte, un gruppo di contadini a seguito di scontri con la guardia nazionale nel giugno 1848, si dispersero per le strade gridando “Viva Radetzky” e “Viva Ferdinando”.
Seguono poi, per quanto riguarda il secondo ingresso del governo sabaudo in Lombardia nel 1859, le testimonianze di Carlo Cattaneo che riferì di aver visto quella stessa Milano protagonista delle Cinque Giornate “Silenziosa, immobile” (indifferente) nei confronti della battaglia che si stava combattendo in quegli attimi decisivi. Cattaneo descrisse poi la situazione in altre città lombarde raccontando di aver visto Como, che nel 1848 fu focolaio di disordine cittadino, accogliere Garibaldi “a porte serrate e in silenzio sepolcrale”.
Vi è poi la testimonianza di Eusebio Bava, generale delle truppe sabaude, che descrisse le genti mantovane nel 1848 come un popolo freddo, superstizioso, che non sapeva l'italiano e che propendeva “per l'oppressore tedesco”.
Altro evento simbolo della resistenza della popolazione rurale all'allora nuovo governo sabaudo è raccontato in una lettera, di cui siamo venuti a conoscenza grazie all'aiuto di due amici della pagina, che il vescovo di Lodi scrisse nel 1859. In questa lettera monsignor Benaglio denuncia, con una certa preoccupazione anche dovuta ai complessi rapporti tra governo sabaudo e il clero, la protesta dei contadini lodigiani che volevano vietare l'uso delle coccarde tricolore e la cerimonia di issamento della bandiera italiana.
Probabilmente il collegamento di fondo tra le proteste in Lombardia della popolazione rurale, e in parte cittadina, nei confronti del cambio di governo nel 1848 e nel 1859 è da ricercare, come giustamente osservò lo Franco Della Peruta, nel fatto che i valori e l'impostazione statale molto tradizionalista (in alcuni aspetti) dell'Impero Austriaco, che comunque rimaneva uno dei paesi più avanzati in fatto di politiche sociali nell'Italia e anche nell'Europa di allora, e la ricerca di sostegno nella popolazione contadina attraverso politiche di tassazione meno pesanti sui ceti meno abbienti, erano sicuramente viste di buon grado da quell'70-80% di popolazione che viveva e lavorava nelle campagne, o nelle piccole città.
Impostazione di governo che, invece, non era così preminente nello stato sabaudo, molto più orientato ad un sostegno da trovare nella nascente borghesia imprenditoriale/terriera.
Fonte: Regno Lombardo Veneto / Königreich Lombardo Venetien
Seguono poi, per quanto riguarda il secondo ingresso del governo sabaudo in Lombardia nel 1859, le testimonianze di Carlo Cattaneo che riferì di aver visto quella stessa Milano protagonista delle Cinque Giornate “Silenziosa, immobile” (indifferente) nei confronti della battaglia che si stava combattendo in quegli attimi decisivi. Cattaneo descrisse poi la situazione in altre città lombarde raccontando di aver visto Como, che nel 1848 fu focolaio di disordine cittadino, accogliere Garibaldi “a porte serrate e in silenzio sepolcrale”.
Vi è poi la testimonianza di Eusebio Bava, generale delle truppe sabaude, che descrisse le genti mantovane nel 1848 come un popolo freddo, superstizioso, che non sapeva l'italiano e che propendeva “per l'oppressore tedesco”.
Altro evento simbolo della resistenza della popolazione rurale all'allora nuovo governo sabaudo è raccontato in una lettera, di cui siamo venuti a conoscenza grazie all'aiuto di due amici della pagina, che il vescovo di Lodi scrisse nel 1859. In questa lettera monsignor Benaglio denuncia, con una certa preoccupazione anche dovuta ai complessi rapporti tra governo sabaudo e il clero, la protesta dei contadini lodigiani che volevano vietare l'uso delle coccarde tricolore e la cerimonia di issamento della bandiera italiana.
Probabilmente il collegamento di fondo tra le proteste in Lombardia della popolazione rurale, e in parte cittadina, nei confronti del cambio di governo nel 1848 e nel 1859 è da ricercare, come giustamente osservò lo Franco Della Peruta, nel fatto che i valori e l'impostazione statale molto tradizionalista (in alcuni aspetti) dell'Impero Austriaco, che comunque rimaneva uno dei paesi più avanzati in fatto di politiche sociali nell'Italia e anche nell'Europa di allora, e la ricerca di sostegno nella popolazione contadina attraverso politiche di tassazione meno pesanti sui ceti meno abbienti, erano sicuramente viste di buon grado da quell'70-80% di popolazione che viveva e lavorava nelle campagne, o nelle piccole città.
Impostazione di governo che, invece, non era così preminente nello stato sabaudo, molto più orientato ad un sostegno da trovare nella nascente borghesia imprenditoriale/terriera.
Fonte: Regno Lombardo Veneto / Königreich Lombardo Venetien