martedì 3 aprile 2012

La Monarchia sacra Parte Prima :I RITI DI CONSACRAZIONE DELLA MONARCHIA CRISTIANA:Il rito dell’Incoronazione e Unzione del Sacro Romano Imperatore secondo il Pontificale Romano

Carlo V
Carlo V d'Asburgo (Gand, 24 febbraio 1500Cuacos de Yuste, 21 settembre 1558)  re di Spagna e Imperatore del Sacro Romano Impero.


Il rito dell’Unzione raggiunse certamente la più splendida magnificenza nel cerimoniale d’incoronazione e benedizione del Sacro Romano Imperatore, che assunse la sua forma definitiva sul finire del secolo XII.
Il luogo ove si svolge la cerimonia è Roma, la città eterna dei Cesari e dei Papi, capitale dell’orbe cristiano. In tale fastosa cornice, il Sacro Imperatore ed il Sommo Pontefice della Chiesa universale, legittimi successori del grande Costantino e di S. Pietro, ne erano gli immortali protagonisti.
Così, per tutto il periodo aureo della Cristianità medioevale, dal S. Natale dell’anno 800, quando il Beato Carlo Magno e San Leone III Papa rinnovarono l’Impero Romano in Occidente, fino al 1530, anno in cui, per l’ultima volta, un altro Carlo, quinto di questo nome, fu incoronato da Papa Clemente VII de’ Medici a Bologna (città dello Stato Pontificio) i popoli cristiani, per oltre sette secoli poterono ammirare con stupore la veneranda cerimonia, che dispiegava in una serie di simboli comprensibili
ed efficaci, il gran dogma della suprema Regalità dell'Uomo-Dio sulla società temporale, e al tempo stesso, la fruttuosa e necessaria alleanza delle due spade, delle due supreme autorità sulla terra, Sacerdotium e Imperium, quali guide supreme dell’umano consorzio dal tempo all’eternità.
Il rito dell’incoronazione imperiale si articola in due momenti fondamentali.
Innanzi tutto, l’unzione del Sovrano, che è il rito più strettamente religioso della cerimonia e che innalza il principe su di un piano d’ordine superiore, indicando la natura sacra dell’autorità di cui è rivestito.48 Con il conferimento dell’Olio santo, infatti, il principe riceve un sacramentale assai potente, che se debitamente ricevuto, gli conferisce in maniera sovrabbondante la grazia necessaria alla sua nuova delicatissima condizione.
L’unzione e consacrazione del Sovrano erano ritenute talmente importanti in quelle epoche di fede, che il senso comune rifuggiva dal considerare vero Re, o vero Imperatore, chi ne fosse sprovvisto. Così il principe prescelto dai grandi Elettori del Regno di Germania al soglio imperiale, prima della cerimonia poteva soltanto fregiarsi del titolo di Rex Romanorum, e solo in seguito all’unzione papale rivendicava il titolo di Sacro Romano Imperatore, e come tale esercitava le funzioni di capo e preside
supremo della Cristianità.
Il secondo momento della cerimonia prevedeva l’Incoronazione vera e propria, il conferimento della corona o diadema, quale insegna del supremo potere.
Attorno a questi due momenti salienti, il rito dell’incoronazione venne col tempo sempre più ampliandosi ed arricchendosi. Di tale progressivo arricchimento n’è prova la cerimonia di benedizione e incoronazione imperiale, così come venne fissandosi nei secoli XI e XII.
La sacertà del principe eletto, che, fa d’uopo ricordarlo, si presentava al Pontefice già segnato almeno da una duplice unzione, quella come Re di Germania ad Aquisgrana (Corona d’argento) e quella come sovrano d’Italia a Pavia o Milano (Corona di ferro), era confermata dal conferimento di un vero ordine clericale.
L’Imperatore, a differenza degli altri monarchi della Cristianità, svolgeva nella cerimonia le mansioni del suddiacono, indossando i paramenti liturgici che gli sono propri (stola, dalmatica, piviale) e servendo all’altare il Pontefice nella celebrazione della Missa pro Imperatore. Gli offriva, infatti, il sacro calice e l’ampolla e, alla maniera sacerdotale, si comunicava sotto le due specie.
La storia ha registrato quanto i Sacri Imperatori presero sul serio quelle prerogative: “Carlo IV [1347-1378] corona in capo, spada in mano, leggeva in chiesa, il giorno di Natale, la settima lezione del mattino, particolarmente appropriata ad una bocca imperiale, perché inizia con queste parole, tratte dal Vangelo della Messa di mezzanotte (S. Luca, II, 1): In quel tempo fu pubblicato un editto di Cesare Augusto… Il 25 dicembre 1414 Sigismondo […] figlio di Carlo IV, si mostrò nel medesimo ruolo ai Padri del Concilio di Costanza.”
La maestosa comparsa dei sacri Imperatori nelle absidi delle Chiese, rivestiti dei paludamenti sovrani, nello sfarzo delle liturgie più care ai popoli della Cristianità, meglio di qualsiasi astratta formulazione teorica esprimeva in concreto la sacralità del potere regio e imperiale.