La Chiesa
Alcuni ecclesiastici, persino quattro vescovi ed un certo numero di sacerdoti, provenienti in gran parte da zone suburbane, non concependo questo gesto quale rinnegamento della fede e della morale, prestarono giuramento. La maggioranza fu invece refrattaria, pensando infatti fosse una mossa politica contro
Sebbene le autorità gerarchiche avessero immediatamente condannato il decreto come illegale,
Bollati ora esplicitamente quali nemici della Rivoluzione, gli ecclesiastici comparvero in modo prominente accanto ai membri dell'aristocrazia ed a molti altri che vennero arrestati durante la seconda metà dell'agosto 1792. Il giorno 23, la fortezza a Longwy si arrese alle armate della coalizione, il 30 Verdun fu assediata, e la rivolta contadina della Vandea controrivoluzionaria rese ulteriormente instabile una situazione già incerta. Lo stato d'animo che regnava a Parigi era un miscuglio di panico, terrore e trionfalismo. La monarchia era stata appena abolita e la famiglia reale deportata e messa a morte: in primis il re Luigi XVI, con la moglie Maria Antonietta, il piccolo uigi XVII, la sorella del re Elisabetta ed una cugina, Maria Teresa di Savoia, principessa di Lamballe. Ci fu un'euforia marziale, quando il Concilio Esecutivo Provvisorio reclutò trentamila volontari, ma allo stesso tempo il popolo si convinse che, una volta che le truppe fossero partite, Parigi sarebbe stata in preda ad una fuga di massa dalle prigioni. Nulla può comunque giustificare ciò che accadde successivamente, ma parte della colpa risiede indubbiamente nel linguaggio infiammato e nell'atteggiamento laissez-faire dei capi della Rivoluzione. Domenica 2 settembre, Marat affermò retoricamente su L'Ami du Peuple: “Cittadini, il nemico è alle porte! [...] Non un singolo nemico deve restare a Parigi per godere della nostra disfatta!”.
Quello stesso pomeriggio, ben ventiquattro sacerdoti che erano stati segnalati per la deportazione vennero assaliti da una folla ostile mentre sotto scorta armata si recavano dalla mairie alla prigione Abbaye. Fin qui la situazione fu comunque contenuta, ma non appena raggiunsero la prigione una gran folla domandò che fossero “giudicati”, processo che fu sommariamente condotto dal famigerato Stanislao Maillard, che si era fatto un nome all'inizio della Rivoluzione e che ora capeggiava una compagnia di paramilitari. Quando i sacerdoti rifiutarono di prestare giuramento alla Costituzione, furono lasciati in pasto alla folla, che ne uccise la maggioranza.
Cinque sopravvissuti poterono testimoniare quanto era successo. Tra essi vi era l'abate Roch, Ambrogio Sicard, il cui imprigionamento mostrò quanto fossero diventati arbitrari gli arresti: giunto da Bordeaux a Parigi nel 1789, era immensamente popolare tra gli operai della città per aver fondato una scuola per bambini sordomuti. Tra i diciannove sacerdoti martiri vi era il confessore del re, Alessandro Lanfant, ex-gesuita.
Quello stesso giorno, ebbe ancora luogo un'altra carneficina nella chiesa carmelitana a Rue de Rennes, ove erano rinchiusi centocinquanta vescovi e sacerdoti, oltre a un laico. “Non c'è più niente da fare qui”, pare avesse affermato Maillard dopo il massacro all'Abbaye, “perciò andiamo dai carmelitani”. Diversi vescovi ed alcuni sacerdoti stavano recitando il vespro in una cappella quando i rivoluzionari assassini irruppero nel giardino ed uccisero il primo sacerdote che incontrarono. L'arcivescovo di Arles, Jean-Marie du Lau, uscì dalla cappella, seguito dal vescovo Francoise Joseph de
Persino gli stessi esecutori del crimine pare fossero impressionati dalla casualità delle uccisioni: per porre rimedio a ciò fu nominato un “giudice” che approvasse le sentenze, seduto in un corridoio tra la chiesa e la sacrestia, dinnanzi al quale a due a due vennero condotti i prigionieri, inclusi quelli che disperatamente avevano tentato di fuggire. Nessuno fu disposto a prestare giuramento, bensì tutti erano pronti ad affrontare il martirio. Quando fu pronunciato il nome del vescovo di Beauvais, quest'ultimo a causa dell'infermità della sua gamba rispose: “Non rifiuto di morire con gli altri, ma non posso camminare. Per favore siate gentili abbastanza per portarmi dove volete che io vada”. Con queste parole zittì i suoi accusatori, ma non si salvò.
Solo verso la fine delle esecuzioni, qualcuno fu liberato ed altri riuscirono a scappare, ma al termine della giornata erano state assassinate novantacinque persone, compresi il laico, Charles de
Anche il seminario lazzarista di Saint-Firmin fu adibito a prigione, dove, alle 5 e 30 circa del mattino seguente, 3 settembre 1792, giunse la banda di assassini. Loro prima vittima fu questa volta un sacerdote gesuita, Pierre Guérin. Quando questi rifiutò di giurare sulla costituzione, fu scaraventato dalla finestra più vicina e pugnalato nel cortile sottostante. Anche suo fratello Robert morì, così come altri cinque gesuiti. Al superiore del seminario, Louis Joseph Francois, assai amato a Parigi, venne offerta la possibilità di scappare, ma questi rifiutò di abbandonare i suoi compagni di prigionia; morì, come Ivo Guillon de Keranrun, vice cancelliere dell'università di Parigi, insieme a tre laici.
Complessivamente, circa millequattrocento persone, pari alla metà dei prigionieri detenuti a Parigi, perirono durante i massacri di settembre. La beatificazione di centonovantuno vittime, identificate come Martiri di Settembre, fu deretata il 1° ottobre
I quattro gruppi di martiri sono commeorati dal Martirologio Romano suddivisi come segue:
90374 - Beati Giovanni Maria du Lau d'Alleman, Francesco Giuseppe e Pietro Ludovico de
93169 - Beati Pietro Giacomo Maria Vitalis e 20 compagni – 2 settembre
93169 - Beati Andrea Abel Alricy e 71 compagni – 3 settembre
93170 - Beati Giovanni Battista Bottex, Michele Francesco de
Scritto da:
Il Giacobita