
di			 			Daniel Artur 1

Il presunto silenzio di 					Pio XII a riguardo della persecuzione degli ebrei è, insieme 					ad altre calunnie e falsificazioni storiche (l'Inquisizione, 					le Crociate, la Conquista dell'America del Latina, ecc...), 					una delle accuse preferite dai nemici della Chiesa 					cattolica. Questa menzogna, messa in circolazione dopo 					qualche anno dalla morte di Papa Pacelli da un commediografo 					tedesco, è stata successivamente ripresa da diversi autori (Cornwell, 					Lewi, Goldhagen, ecc...). In particolare, ogni qualvolta la 					Santa Sede ha prospettato l'ipotesi di beatificare questo 					santo Papa, numerosi rappresentanti delle varie comunità ebraiche 					(non tutti, fortunatamente), e diverse personalità del mondo 					laico, hanno alzato la loro voce per 					far sentire il loro dissenso a questo riconoscimento e, 					dimentichi degli enormi benefici ricevuti dai loro padri 					durante la guerra, hanno schiumato rabbiosi come i loro 					antenati nel pretorio di Pilato chiedendo la crocifissione 					morale di questo grande Pontefice. Appare dunque utile più 					che mai ribadire la verità storica e ricordare le gesta 					generose di questo successore di Pietro e fare luce sulle 					ragioni che a volte lo obbligarono a tacere a riguardo dell'oppressione degli ebrei attuata dai nazisti. 
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l			 Prefazione a cura dell'Editore francese
Sull'esempio del Suo Maestro, la 			Chiesa cattolica non ha mai cessato di essere perseguitata. Da 			alcuni anni, tuttavia, la rabbia anticattolica si scatena in modo 			sempre più accanito. Da certi film ignobili sulla Madonna e sul Suo 			divin Figlio, alle «pubblicità» della Benetton, agli 			innumerevoli sarcasmi, caricature e insulti che vengono 			quotidianamente diffusi dai media, senza poi dimenticare le 			molteplici menzogne e i silenzi delle stesse pubblicazioni 			 «cattoliche», tutto ci mostra che un'ennesima offensiva è in corso. 			Oggi essa sembra riprendere il vecchio tema di una pretesa 			connivenza della Chiesa col nazionalsocialismo hitleriano, o almeno 			di una supposta indulgenza a suo riguardo. È per tale motivo che 			giudichiamo utile ricordare i principali fatti concernenti i 			rapporti tra la Chiesa e la Germania nazista: il Cardinale Pacelli, 			divenuto più tardi Papa Pio XII, giocò il ruolo principale nella 			vicenda. Eugenio Pacelli nacque a Roma nel 1876; ordinato sacerdote 			nel 1899, egli venne consacrato Vescovo nel 1917. Nel 1920, venne 			nominato Nunzio in Baviera, e in seguito a Berlino. Nel 1929, 			ricevette la berretta cardinalizia, e l'anno seguente Papa Pio XI			 (1857-1939) lo volle come suo Segretario di Stato. Venne eletto 			Papa nel marzo del 1939, e definì solennemente il dogma 			dell'Assunzione della Beata Vergine Maria nel 1950. La sua morte 			sopraggiunse nell'ottobre del 1958. Appena cinque anni dopo, nel 			1963, un oscuro scrittore tedesco, Rolf Hochhuth (1931-1998), 			compose la scandalosa opera teatrale Der Stellvertetrer («Il 			Vicario») che attaccava Pio XII: quasi subito, essa venne vietata in 			Germania, in Inghilterra e in Svizzera, fu rifiutata negli Stati 			Uniti e in Israele, ma rappresentata liberamente nella Francia del 			cattolico Charles De Gaulle (1890-1970). Fu il segnale di un 			ampio tentativo di ribaltamento dell'opinione pubblica, fino a quel 			momento favorevole a Papa Pacelli, a cui si rimproverava 			improvvisamente il suo filo-germanesimo, la sua debolezza e 			addirittura la sua benevolenza nei riguardi del nazismo. Questa tesi 			non poggia su nulla di serio, come vedremo nelle pagine che seguono. 			Ma Pio XII, agli occhi dei nostri liberali e progressisti di ogni 			risma, aveva avuto il torto imperdonabile di rinnovare la condanna 			dei principali errori modernisti con l'Enciclica Humani generis			 (1950), di canonizzare San Pio X (1835-1914), l'autore 			dell'Enciclica Pascendi Dominici gregis (1907) e della 			 Lettera sul Sillon (1910); aveva messo vigorosamente in 			guardia contro gli scritti eterodossi del Padre gesuita Pierre 			Teilhard de Chardin (1881-1955), celebrità intellettuale degli 			anni '50-'60; aveva definito il dogma dell'Assunzione della Madonna 			e proclamato la Regalità Universale della Madre di tutti gli uomini.![]()  | ![]()  | ![]()  | 
| Rolf Hochhuth | Il Vicario | Papa Pio XII | 
Il 10 luglio 1939, egli aveva inoltre condannato il naturalismo 			dell'Action Française. Nello scritto che segue, composto 			essenzialmente da citazioni, l'Autore mostra la vera personalità di 			questo santo Papa attraverso le sue parole e i suoi atti. Quelli che 			non sono vissuti negli anni 1933-1945 provino ad immaginare quale 			poteva essere la libertà d'azione di Pio XII, padre spirituale delle 			folle cattoliche europee, ridotto alle uniche armi spirituali e 			diplomatiche, praticamente prigioniero in Vaticano fino a giugno del 			1944, di fronte ad un dittatore straordinariamente armato e padrone 			dell'Europa; tanto più che gli «alleati democratici» accolsero 			l'Enciclica Mit brennender Sorge (1937), che condannava il 			nazionalsocialismo, con indifferenza, mentre l'Unione Sovietica si 			alleava con Hitler nel 1939. Due Appendici completano questo studio: 			la prima fornisce i riferimenti cronologici necessari alla 			comprensione dell'insieme, mentre la seconda reca la testimonianza 			di un diplomatico tedesco insediato a Roma durante l'ultima guerra.
l			 Le accuse
«Non abbiamo avuto la consolazione 			di sentire il successore del galileo Simon Pietro condannare 			chiaramente, nettamente e non mediante le allusioni diplomatiche la 			crocifissione di innumerevoli fratelli del Signore». Così si 			esprimeva lo scrittore François Mauriac (1885-1970), le cui 			parole costituirono l'epigrafe delle prime edizioni del dramma di 			Rolf Hochhuth Il Vicario, in cui viene messo in scena un Pio 			XII senza angoscia, senza rimorso, bassamente materialista, che ha 			acconsentito per cinque anni al genocidio per vigliaccheria o anche 			per compiacenza. È vero, come dice lo scrittore Alexis Curvers 			(1906-1992), che «è fare troppo onore a una simile rapa citarne 			anche solo il nome». Ma è per avere un'idea dei toni assunti 			dalla campagna che si è scatenata in modo abbastanza meschino contro 			la memoria di Pio XII, cinque anni dopo la sua morte, una campagna 			che, com'è noto, è stata orchestrata da Jacques Nobécourt 			(1923-2013) col suo libro Le Vicaire et l'Histoire («Il 			Vicario e la Storia»), da Guenter Lewy col suo libro The 			Catholic Church and Nazi Germany («La Chiesa cattolica e la 			Germania nazista»), e da Saul Friedländer con l'altra opera			 Pie XII et le IIIème Reich («Pio XII e il III 			Reich»), senza contare i numerosi articoli e recensioni apparsi 			sulla stampa a quell'epoca. Bisogna dire subito che nelle edizioni 			successive della rappresentazione teatrale Il Vicario, si 			dovette attenuare l'effetto dell'epigrafe iniziale aggiungendo una 			frase alla citazione di Mauriac, il che lo riduce considerevolmente:			 «Nessuno dubita che l'occupante abbia avuto a disposizione dei 			mezzi di pressione irresistibili e che il silenzio del Papa e della 			Gerarchia non sia stato un terribile dovere; si trattava di evitare 			peggiori disgrazie». Tuttavia, occorre ristabilire la verità 			nella sua pienezza, perché Pio XII «ha alzato la voce», per 			riprendere l'espressione del premier israeliano Golda Meir			 (1898-1978), Pio XII ha condannato, Pio XII ha agito.
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| François Mauriac | Jacques Nobécourt | Saul Friedländer | 
l			 Simpatie e antipatie attribuite a Pio XII
Cominciamo col confutare un certo 			numero di idee diffuse al momento di questi attacchi contro la 			memoria di Pio XII, riportandoci a Saul Friedländer che lo presenta 			come un cieco di fronte alle atrocità naziste a causa della sua 			simpatia filo-tedesca e di una vera fobia per il comunismo 			sovietico.
- Pio XII e 			il nazismo
È inverosimile che si sia potuto dire 			che Pio XII è stato più o meno favorevole ad Adolf Hitler 			(1889-1945). Uno degli storici di questo Papa, Nazareno Padellaro 			(1892-1980), scrive del Cardinale Pacelli che, dal momento in cui 			Hitler ha fatto parlare di sé fino al 1929, solamente in questo 			breve periodo, su quarantaquattro discorsi del Nunzio, quaranta 			furono di ispirazione antinazista 2. D'altra parte, egli 			ricorda che il Cardinal Pacelli, in quanto Segretario di Stato, ha 			lavorato alacremente per mettere a punto l'Enciclica sul nazismo 			Mit brennender Sorge. Egli 			 
ne fu anche il redattore. A questo 			riguardo, diceva Pio XI: «Ringraziatelo: è lui che ha fatto 			tutto, ormai è lui che fà tutto; occorre che lui cresca e che io 			diminuisca» 3. La Mit brennender Sorge fu 			diffusa alcuni giorni dopo l'Enciclica sul comunismo 			Divini Redemptoris, il 21 marzo			1937. «Non c'è stata condanna del nazismo più energica di questa 			e più fondamentalmente motivata. Come avrebbe potuto essere 			diversamente? Il totalitarismo hitleriano era un ateismo, un 			neopaganesimo che mirava a sostituire Dio con il culto esclusivo 			della razza tedesca, dogma evidentemente inconciliabile con il 			cristianesimo» 4. «Bisogna ricordare			che all'epoca della pubblicazione della "Mit brennender Sorge" il			mondo intero faceva a gara nell’immaginazione per trovare delle 			attenuanti			al nazionalsocialismo; che le cancellerie, i governi e gli uomini di			Stato moltiplicavano le loro attenzioni verso la Germania, e che non 			mancavano			giornalisti e scrittori in Inghilterra, in Francia e in Italia che 			diffondevano			le nuove idee del capo della Germania nazionalsocialista e 			difendevano			le sue concezioni pacifiche» 5.			Ricordiamo ora alcuni dati storici. Nel luglio			del 1934, Hitler tentò di annettere			l'Austria alla Germania; fu il primo tentativo			di Anschluss: solo l'Italia di			Mussolini reagì... e lo impedì. L'anno 1935			vide il ricongiungimento dal Saar alla			Germania senza reazione da parte inglese			o francese, e la firma di un Trattato			anglo-tedesco di riarmo navale (giugno			1935), per il quale la Francia non fu nemmeno			consultata. Nel marzo del 1936,			Hitler riarmò la riva sinistra del Reno in			violazione del trattato di Versailles: l'Inghilterra			e la Francia si accontentarono			di infliggergli un biasimo, mentre Hitler			stesso confessò più tardi che si trattava			di un bluff. La reazione alleata			all'Anschluss riuscito di marzo del 1938 non fu più virulenta. Una 			conferenza			ad Évian nel luglio del 1938, per iniziativa del Presidente Franklyn Delano Roosevelt (1882-1945), vide riuniti i rappresentanti 			di trentadue Paesi: tentò, senza successo, di trovare dei Paesi di 			accoglienza			per
 gli ebrei che la Germania voleva espellere. L'annessione dei Sudeti			operata dalla Germania fu accettata dalla Francia e dall'Inghilterra 			a			Monaco verso la fine di settembre del 1938: Hitler aveva promesso di			fermarsi lì. L'anno seguente, egli invase la Polonia, d'accordo con 			l'Unione Sovietica. «Venne tuttavia un tempo in cui il mondo, 			avendo infine preso coscienza del dramma dell'errore dottrinale 			contenuto nel nazionalsocialismo, dimenticò che il primo 			avvertimento, l'unico prima che l'irreparabile venisse consumato, 			era stato lanciato dalla Chiesa cattolica e formulato da colui che 			cercò di limitare, in circostanze che nessun Papa aveva mai 			affrontato, le conseguenze diquesto disprezzo manifestato da parte 			degli uomini di Stato» 6. «Questa 			posizione irriducibile della Santa Sede stupì non poco il 			cancelliere tedesco che stava, colpo su colpo, ottenendo con la sua 			politica di fermezza e di provocazione nei confronti degli alleati 			risultati apprezzabili» 7. Hitler lo 			considerava come «il peggiore focolaio di resistenza ai suoi 			disegni». In Wilhelmstrasse, il Ministero degli Esteri 			della Germania cercò di mantenere le distanze nei confronti della 			Santa Sede, al punto che all'epoca dell'«incoronazione di Pio XII, 			in cui si fecero rappresentare tramite missioni speciali 			trentacinque nazioni, delle quali parecchie non intrattenevano 			relazioni diplomatiche con la Santa Sede, la Germania brillò per la 			sua assenza» 8. L'animosità di Pio 			XI a riguardo della Germania nazista si era attenuata alla fine dei 			suoi giorni, per il fatto che l'anno che aveva seguito la 			pubblicazione dell'Enciclica Mit brennender Sorge era stato			 «per la Chiesa cattolica in Germania un anno di amarezze 			indicibili e di terribili 			 
tempeste» 9; 			egli era d'accordo per «difendere al prezzo di un negoziato			 col "diavolo" la politica del Concordato con la 			Germania» 10. Una volta Papa, Pio 			XII perseguì questa politica diplomatica a riguardo del governo 			tedesco per tentare di indurre a più o meno lunga scadenza un 			cambiamento nella politica religiosa della Germania, procurando alla 			Chiesa un tempo di tregua dopo le persecuzioni che avevano seguito 			la pubblicazione dell'Enciclica. Ne è risultato, a detta di Diego 			von Bergen (1872-1944) 11, 			all'inizio del pontificato, «non un'intesa, ma una 			stabilizzazione della tensione che poteva dare talvolta all'esterno 			la falsa impressione di un vicino compromesso»			 12. «Ma appena i principî furono messi in 			discussione, alla diplomazia succedette l'intransigenza: Pio XII era 			stato l'artigiano della prima, ma fu anche il sostenitore della 			seconda» 13. «Chi non sa che in 			questi anni amari la Santa Sede fu implicata in un conflitto mortale 			col regime hitleriano, che l'esistenza stessa della Chiesa fu messa 			in gioco, perché i nazisti si vantavano che appena avessero ottenuto 			la vittoria militare l'avrebbero finita per sempre con la Chiesa»?			 14. «Numerosi sono i testi 			pontifici che stigmatizzano i principî del nazionalsocialismo, le 			chiese cattoliche e le scuole chiuse, le case religiose perquisite, 			invase, i sacerdoti arrestati, i Vescovi tenuti lontani dal loro 			gregge, l'insegnamento religioso e il culto ostacolato in mille 			modi, specialmente in Polonia» 15.			 Non dimentichiamo che il solo campo di concentramento di Dachau 			vide passare 2.800 preti cattolici, dei quali 			solamente 816 erano vivi nel 1945. L'Osservatore Romano 			non smise mai di denunciare le atrocità naziste, senza dimenticare i 			crimini sovietici, fatto che ebbe come conseguenza la riduzione per 			la maggior parte degli storici di questo periodo delle molteplici 			proteste della Santa Sede contro la persecuzione religiosa in 			Germania e in Polonia, contro la politica razziale e contro i campi 			di concentramento, proteste di cui il Ministro degli Esteri tedesco			 Joachim von Ribbentrop (1893-1946) al processo di Norimberga 			disse erano «pieni i cassetti» in Wilhelmstrasse.
ne fu anche il redattore. A questo 			riguardo, diceva Pio XI: «Ringraziatelo: è lui che ha fatto 			tutto, ormai è lui che fà tutto; occorre che lui cresca e che io 			diminuisca» 3. La Mit brennender Sorge fu 			diffusa alcuni giorni dopo l'Enciclica sul comunismo 			Divini Redemptoris, il 21 marzo			1937. «Non c'è stata condanna del nazismo più energica di questa 			e più fondamentalmente motivata. Come avrebbe potuto essere 			diversamente? Il totalitarismo hitleriano era un ateismo, un 			neopaganesimo che mirava a sostituire Dio con il culto esclusivo 			della razza tedesca, dogma evidentemente inconciliabile con il 			cristianesimo» 4. «Bisogna ricordare			che all'epoca della pubblicazione della "Mit brennender Sorge" il			mondo intero faceva a gara nell’immaginazione per trovare delle 			attenuanti			al nazionalsocialismo; che le cancellerie, i governi e gli uomini di			Stato moltiplicavano le loro attenzioni verso la Germania, e che non 			mancavano			giornalisti e scrittori in Inghilterra, in Francia e in Italia che 			diffondevano			le nuove idee del capo della Germania nazionalsocialista e 			difendevano			le sue concezioni pacifiche» 5.			Ricordiamo ora alcuni dati storici. Nel luglio			del 1934, Hitler tentò di annettere			l'Austria alla Germania; fu il primo tentativo			di Anschluss: solo l'Italia di			Mussolini reagì... e lo impedì. L'anno 1935			vide il ricongiungimento dal Saar alla			Germania senza reazione da parte inglese			o francese, e la firma di un Trattato			anglo-tedesco di riarmo navale (giugno			1935), per il quale la Francia non fu nemmeno			consultata. Nel marzo del 1936,			Hitler riarmò la riva sinistra del Reno in			violazione del trattato di Versailles: l'Inghilterra			e la Francia si accontentarono			di infliggergli un biasimo, mentre Hitler			stesso confessò più tardi che si trattava			di un bluff. La reazione alleata			all'Anschluss riuscito di marzo del 1938 non fu più virulenta. Una 			conferenza			ad Évian nel luglio del 1938, per iniziativa del Presidente Franklyn Delano Roosevelt (1882-1945), vide riuniti i rappresentanti 			di trentadue Paesi: tentò, senza successo, di trovare dei Paesi di 			accoglienza			per
 gli ebrei che la Germania voleva espellere. L'annessione dei Sudeti			operata dalla Germania fu accettata dalla Francia e dall'Inghilterra 			a			Monaco verso la fine di settembre del 1938: Hitler aveva promesso di			fermarsi lì. L'anno seguente, egli invase la Polonia, d'accordo con 			l'Unione Sovietica. «Venne tuttavia un tempo in cui il mondo, 			avendo infine preso coscienza del dramma dell'errore dottrinale 			contenuto nel nazionalsocialismo, dimenticò che il primo 			avvertimento, l'unico prima che l'irreparabile venisse consumato, 			era stato lanciato dalla Chiesa cattolica e formulato da colui che 			cercò di limitare, in circostanze che nessun Papa aveva mai 			affrontato, le conseguenze diquesto disprezzo manifestato da parte 			degli uomini di Stato» 6. «Questa 			posizione irriducibile della Santa Sede stupì non poco il 			cancelliere tedesco che stava, colpo su colpo, ottenendo con la sua 			politica di fermezza e di provocazione nei confronti degli alleati 			risultati apprezzabili» 7. Hitler lo 			considerava come «il peggiore focolaio di resistenza ai suoi 			disegni». In Wilhelmstrasse, il Ministero degli Esteri 			della Germania cercò di mantenere le distanze nei confronti della 			Santa Sede, al punto che all'epoca dell'«incoronazione di Pio XII, 			in cui si fecero rappresentare tramite missioni speciali 			trentacinque nazioni, delle quali parecchie non intrattenevano 			relazioni diplomatiche con la Santa Sede, la Germania brillò per la 			sua assenza» 8. L'animosità di Pio 			XI a riguardo della Germania nazista si era attenuata alla fine dei 			suoi giorni, per il fatto che l'anno che aveva seguito la 			pubblicazione dell'Enciclica Mit brennender Sorge era stato			 «per la Chiesa cattolica in Germania un anno di amarezze 			indicibili e di terribili 			 
tempeste» 9; 			egli era d'accordo per «difendere al prezzo di un negoziato			 col "diavolo" la politica del Concordato con la 			Germania» 10. Una volta Papa, Pio 			XII perseguì questa politica diplomatica a riguardo del governo 			tedesco per tentare di indurre a più o meno lunga scadenza un 			cambiamento nella politica religiosa della Germania, procurando alla 			Chiesa un tempo di tregua dopo le persecuzioni che avevano seguito 			la pubblicazione dell'Enciclica. Ne è risultato, a detta di Diego 			von Bergen (1872-1944) 11, 			all'inizio del pontificato, «non un'intesa, ma una 			stabilizzazione della tensione che poteva dare talvolta all'esterno 			la falsa impressione di un vicino compromesso»			 12. «Ma appena i principî furono messi in 			discussione, alla diplomazia succedette l'intransigenza: Pio XII era 			stato l'artigiano della prima, ma fu anche il sostenitore della 			seconda» 13. «Chi non sa che in 			questi anni amari la Santa Sede fu implicata in un conflitto mortale 			col regime hitleriano, che l'esistenza stessa della Chiesa fu messa 			in gioco, perché i nazisti si vantavano che appena avessero ottenuto 			la vittoria militare l'avrebbero finita per sempre con la Chiesa»?			 14. «Numerosi sono i testi 			pontifici che stigmatizzano i principî del nazionalsocialismo, le 			chiese cattoliche e le scuole chiuse, le case religiose perquisite, 			invase, i sacerdoti arrestati, i Vescovi tenuti lontani dal loro 			gregge, l'insegnamento religioso e il culto ostacolato in mille 			modi, specialmente in Polonia» 15.			 Non dimentichiamo che il solo campo di concentramento di Dachau 			vide passare 2.800 preti cattolici, dei quali 			solamente 816 erano vivi nel 1945. L'Osservatore Romano 			non smise mai di denunciare le atrocità naziste, senza dimenticare i 			crimini sovietici, fatto che ebbe come conseguenza la riduzione per 			la maggior parte degli storici di questo periodo delle molteplici 			proteste della Santa Sede contro la persecuzione religiosa in 			Germania e in Polonia, contro la politica razziale e contro i campi 			di concentramento, proteste di cui il Ministro degli Esteri tedesco			 Joachim von Ribbentrop (1893-1946) al processo di Norimberga 			disse erano «pieni i cassetti» in Wilhelmstrasse.
- La 			sollecitudine di Pio XII verso la Germania
«Che Pio XII avesse conservato 			dalle sue missioni a Monaco e a Berlino una stima e un interesse 			particolare per la Germania non era un segreto per nessuno»			 16. Egli disse a Ribbentrop, nel 1940, che 			quei dodici anni passati in Germania - dal 1917 al 1930 - erano 			stati i più felici della sua vita. E in cambio, egli era amato dal 			popolo tedesco al punto che il Governo germanico dopo la guerra 			riconobbe che fu la simpatia del Papa per questo popolo nella sua 			più grande miseria e le sue macerie nel 1945 che lo aveva aiutato a 			rialzarsi. La benevolenza filo-germanica del Papa, il suo amore per 			la cultura tedesca è stato solamente un supporto nella sua 			sollecitudine per la Chiesa di Germania, una sollecitudine che non 			conobbe tregua. Pio XII conosceva bene l'ambiente in cui questa 			Chiesa doveva operare e le difficoltà che incontrava. «In molti 			casi, un intervento del Papa rischiava di passare per una presa di 			posizione contro la Germania e di provocare o una rappresaglia 			contro i cattolici, o dei malintesi» 17.			 «Perciò, era meglio lasciare ai Vescovi residenti l'onere di 			assumersi le proprie responsabilità» 18. 			Oggi,
 si conservano centoventiquattro lettere di Pio XII ai Vescovi 			tedeschi, la cui collezione non era ancora pronta nel momento in cui 			gli attacchi contro questo Papa furono più violenti, perché queste 			lettere venivano abitualmente spedite al di fuori delle trafile 			amministrative normali, e probabilmente non sono state archiviate 			con i documenti ufficiali. Scriveva Papa Pacelli a Mons. 			Konrad Graf von Preysing (1880-1950), Vescovo di Berlino: «Lo 			sottolineiamo: la Chiesa in Germania dipende in buona parte dalla 			vostra azione pubblica, poiché la situazione politica generale 			delicata e spesso contraddittoria impone al capo della Chiesa il 			dovere di parlare con riserbo nelle sue dichiarazioni pubbliche. Ma 			i Vescovi, che intervenendo per la causa di Dio e della Santa 			Chiesa, con altrettanto coraggio e in una forma così perfetta come Mons. von Galen, debbano sempre trovare il loro appoggio presso di 			Noi, è una cosa di cui non abbiamo bisogno di assicurarvi»			 19. Mons. Clemens August von Galen 			(1878-1946), Vescovo di Münster, si era pubblicamente ribellato 			nell'agosto del 1941 contro la condanna a morte dei malati mentali, 			e aveva obbligato Hitler a mettere fine a questa azione. Scrive 			altrove Pio XII: «Le energiche parole del Vescovo di Münster ci 			hanno causato una consolazione e una soddisfazione che non avevamo 			provato più da molto tempo sulla strada dolorosa che percorriamo con 			i cattolici tedeschi» 20. «Immunizzare 			i cattolici tedeschi dalla propaganda razziale diventò il tema 			essenziale delle lettere di Pio XII» 21. 			Scriveva a Mons. Preysing il 30 aprile 1943: «Che non si vada a 			dire che le coraggiose prese di posizione dei Vescovi nuocciono alla 			vostra patria davanti all'opinione mondiale quando questi 			rivendicano verso il loro Governo i diritti della religione, della 			Chiesa e della persona umana, intervenendo in favore di chi è 			indifeso e oppresso dalla forza pubblica, che le vittime siano o no 			dei figli della Chiesa [...]. Fu per Noi una consolazione 			apprendere che i cattolici, particolarmente quelli di Berlino, 			avevano dato prova di tanta carità davanti alle sofferenze dei 			"non-ariani". Che questa sia per Noi l'opportunità di esprimere la 			Nostra paterna riconoscenza e la Nostra profonda simpatia a Mons 			Lichtenberg che si trova in prigione». Mons. Bernhard 			Lichtenberg (1863-1965) era diventato noto per avere 			pubblicamente protestato quando era Vicario generale della 			Cattedrale di Sant'Edvige a Berlino, contro gli orrori della 			Kristallnacht. La «notte dei cristalli» fu un vasto pogrom 			organizzato dai nazisti nel novembre del 1938 in seguito 			all'assassinio a Parigi di un diplomatico tedesco per mano di un 			giovane ebreo: 30.000 israeliti furono arrestati, diverse sinagoghe 			vennero incendiate, e numerosi negozi ebraici furono saccheggiati.			 «L'attenzione particolare di Pio XII per la Chiesa di Germania 			corrispondeva alla sollecitudine del Padre comune verso i fedeli, la 			cui fede era particolarmente provata dalle persecuzioni naziste»			 22.
 si conservano centoventiquattro lettere di Pio XII ai Vescovi 			tedeschi, la cui collezione non era ancora pronta nel momento in cui 			gli attacchi contro questo Papa furono più violenti, perché queste 			lettere venivano abitualmente spedite al di fuori delle trafile 			amministrative normali, e probabilmente non sono state archiviate 			con i documenti ufficiali. Scriveva Papa Pacelli a Mons. 			Konrad Graf von Preysing (1880-1950), Vescovo di Berlino: «Lo 			sottolineiamo: la Chiesa in Germania dipende in buona parte dalla 			vostra azione pubblica, poiché la situazione politica generale 			delicata e spesso contraddittoria impone al capo della Chiesa il 			dovere di parlare con riserbo nelle sue dichiarazioni pubbliche. Ma 			i Vescovi, che intervenendo per la causa di Dio e della Santa 			Chiesa, con altrettanto coraggio e in una forma così perfetta come Mons. von Galen, debbano sempre trovare il loro appoggio presso di 			Noi, è una cosa di cui non abbiamo bisogno di assicurarvi»			 19. Mons. Clemens August von Galen 			(1878-1946), Vescovo di Münster, si era pubblicamente ribellato 			nell'agosto del 1941 contro la condanna a morte dei malati mentali, 			e aveva obbligato Hitler a mettere fine a questa azione. Scrive 			altrove Pio XII: «Le energiche parole del Vescovo di Münster ci 			hanno causato una consolazione e una soddisfazione che non avevamo 			provato più da molto tempo sulla strada dolorosa che percorriamo con 			i cattolici tedeschi» 20. «Immunizzare 			i cattolici tedeschi dalla propaganda razziale diventò il tema 			essenziale delle lettere di Pio XII» 21. 			Scriveva a Mons. Preysing il 30 aprile 1943: «Che non si vada a 			dire che le coraggiose prese di posizione dei Vescovi nuocciono alla 			vostra patria davanti all'opinione mondiale quando questi 			rivendicano verso il loro Governo i diritti della religione, della 			Chiesa e della persona umana, intervenendo in favore di chi è 			indifeso e oppresso dalla forza pubblica, che le vittime siano o no 			dei figli della Chiesa [...]. Fu per Noi una consolazione 			apprendere che i cattolici, particolarmente quelli di Berlino, 			avevano dato prova di tanta carità davanti alle sofferenze dei 			"non-ariani". Che questa sia per Noi l'opportunità di esprimere la 			Nostra paterna riconoscenza e la Nostra profonda simpatia a Mons 			Lichtenberg che si trova in prigione». Mons. Bernhard 			Lichtenberg (1863-1965) era diventato noto per avere 			pubblicamente protestato quando era Vicario generale della 			Cattedrale di Sant'Edvige a Berlino, contro gli orrori della 			Kristallnacht. La «notte dei cristalli» fu un vasto pogrom 			organizzato dai nazisti nel novembre del 1938 in seguito 			all'assassinio a Parigi di un diplomatico tedesco per mano di un 			giovane ebreo: 30.000 israeliti furono arrestati, diverse sinagoghe 			vennero incendiate, e numerosi negozi ebraici furono saccheggiati.			 «L'attenzione particolare di Pio XII per la Chiesa di Germania 			corrispondeva alla sollecitudine del Padre comune verso i fedeli, la 			cui fede era particolarmente provata dalle persecuzioni naziste»			 22.![]()  | ![]()  | ![]()  | 
| Mons. von Preysing | Mons. von Galen | Mons. B. Lichtenberg | 
- Papa Pio 			XII e l'Unione Sovietica durante la guerra
Saul Friedländer termina il suo libro			 Pie XII et le Illème Reich dicendo che Pio XII 			sperava, sembra, che la Germania nazista, eventualmente riconciliata 			con gli anglosassoni, sarebbe divenuto il bastione fondamentale 			contro ogni avanzata dell'Unione Sovietica verso Ovest... Bisogna 			notare nei confronti di questa opinione che, durante tutta la 			guerra, Pio XII non parlò mai, neanche per allusione, di «crociata 			contro il bolscevismo» o di «guerra santa» 23. 			Al momento della sua offensiva contro la Russia, Hitler aiutato da 			Mussolini, cercò di far passare la Germania per il bastione della 			cristianità e chiese l'appoggio della Santa Sede affinché reiterasse 			la sua condanna del comunismo. Dal canto loro, certi Vescovi 			tedeschi sollecitarono una parola di sostegno da parte di Pio XII ai 			soldati tedeschi che combattevano il comunismo. «Il disappunto fu 			grande non solamente quando Pio XII non si lasciò scappare dalla sua 			penna nessun segno di approvazione o di incoraggiamento, ma che, al 			contrario, smise manifestamente di condannare il comunismo, mentre 			il suo pensiero rimaneva lo stesso: la collaborazione con il 			comunismo è impossibile» 24. «Radio Mosca annunciò che Pio XII "rifiuta di collaborare con Hitler 			in una crociata contro la Russia sovietica". A loro volta, gli 			alleati cercarono di rompere questo silenzio del Santo Padre in 			favore della crociata antinazista» 25. 			Pio XII si è sempre rifiutato di assumere una posizione politica: «Una condanna - diceva il Papa - non avrebbe nessun valore se 			dettata da un'adesione esplicita ad uno dei due campi in armi e in 			lotta. Ciò equivarrebbe a usare per fini temporali - che hanno 			sempre come origine la passione o l'interesse - una spada che non ci 			è stata consegnata per questo scopo» 26. 			Pio XII mantenne dunque il silenzio nei confronti del comunismo. «Se Hitler fosse uscito vincitore della guerra, sarebbe stata 			sicuramente scritta un'opera teatrale in cui Pio XII sarebbe stato 			accusato di non avere abbastanza condannato il bolscevismo, e 			sarebbero gli stessi spettatori ad applaudire»			 27.
l			 La questione ebraica prima della guerra in 			Germania
Molto prima che la persecuzione degli 			ebrei si rivelasse in tutta la sua ampiezza, «il 1º aprile 1933, 			ai primi segnali di antisemitismo, la 			Santa Sede aveva fatto opportunamente rileggere in tutte le chiese 			della Germania il Decreto del Sant'Uffizio del 25 settembre 1928 			che, in modo formale, condannava l'antisemitismo sotto tutte le sue 			forme e l'ondata di odio che si abbatteva in quei giorni in Germania 			sugli ebrei,
 accusati di essere i responsabili della miseria e 			dell'inflazione: "Per la Chiesa è una pratica costante - precisava 			questo Decreto - pregare per il popolo ebraico nel quale, fino a 			Cristo, la promessa divina si era manifestata, e ciò malgrado, o 			piuttosto a causa dell'accecamento che questo popolo ha testimoniato 			in seguito. Mossa dalla sua carità verso questo popolo, la Sede 			Apostolica lo ha preso sotto la sua protezione per risparmiargli 			maltrattamenti ingiustificati e, siccome la Santa Sede disapprova 			ogni sentimento di invidia e di gelosia tra i popoli, condanna 			parimenti in modo particolare l'odio contro il popolo un tempo 			eletto di Dio, e particolarmente quell'odio che si ha l'abitudine di 			designare con la parola "antisemitismo"» 28. «Il 26 			aprile 1933, Mons.			Berning, Vescovo di Osnabrück, venne ricevuto dal Führer. Egli andò 			ad			esporgli il malcontento dei cattolici tedeschi davanti alla 			discriminazione			imposta agli ebrei, un atteggiamento contrario alla tradizione 			cristiana.			Hitler gli oppose la necessità per il Reich di difendere i 			fondamenti			della cristianità. Il 2 settembre 1933 [...], il Cardinale Bertram 			[...] pregò (il Cardinal Pacelli) di pronunciare "parole cordiali in 			favore degli			ebrei battezzati e perseguitati a			causa della 			 
loro origine". Il Cardinal Pacelli [...] minacciò di interrompere			le trattative in vista di un Concordato			con la Germania e si vide rispondere			dal ministro tedesco che "la questione ebraica non è una faccenda			di religione, ma di razza, e che			ogni insistenza della Santa Sede verrà			considerata come un intervento			negli affari interni del Reich" [...].			Dal canto suo, il Cardinal Faulhaber,			di fronte alle provocazioni dei fanatici			del nazionalsocialismo, si assunse			il rischio di pronunciare cinque			omelie ritrasmesse da altoparlanti in			parecchie chiese, cosa che provocò			il furore dei capi del partito [...] e scatenò subito una serie di 			persecuzioni			che indussero la Santa Sede a dubitare dell'efficacia delle 			dimostrazioni			pubbliche. L'Episcopato tedesco decise allora la fondazione di			un'associazione che in seguito divenne l'opera "San Raffaele" e che 			sotto			la copertura del Concordato avrebbe intrapreso un'azione in favore			degli ebrei [...]. Nel 1938, le violenze diventarono così gravi che Mons.			Pacelli, desideroso di compiere un gesto pubblico, manifestando la 			riprovazione			della Santa Sede, mandò al Gran Rabbino della Baviera la sua 			automobile personale per trasportare nel palazzo arcivescovile la 			Toràh e gli oggetti di culto della sinagoga. In quel periodo Hitler 			era onnipotente, il mondo intero non gli risparmiava i suoi 			incoraggiamenti e nessuna voce si alzava contro la persecuzione. Il 			gesto del Cardinal Pacelli rimase sconosciuto al mondo intero. Il 15 			luglio 1938, Pio XI ebbe
 l'opportunità di rispondere agli ideologi 			del fascismo italiano che avevano abbracciato le teorie antisemite»			 29. Dopo il 9 novembre 1938, data della 			famosa «notte dei cristalli», «Mons. von Preysing inviò un 			rapporto circostanziato al Segretario di Stato, informandolo che 			numerosi israeliti avevano trovato rifugio negli edifici religiosi			 [...], ma che ogni posizione pubblica assunta dalla Chiesa 			avrebbe aggravato questa proscrizione e avrebbe reso più difficile 			il soccorso delle vittime. Il Cardinal Pacelli si servì di 			queste notizie trasmesse dall'Episcopato tedesco per porre i 			responsabili del fascismo italiano davanti alle atroci conseguenze 			derivanti dall'attuazione delle ingiuste leggi razziali. Il Ministro 			italiano degli Esteri, il conte Galeazzo Ciano, toccato da questi 			argomenti, si mostrò titubante circa la proposta di un'alleanza 			militare che il suo collega tedesco, von Ribbentrop, era venuto a 			proporgli» 30. L'Angriff, il 			giornale di Joseph Goebbels (1897-1945), Ministro della 			Propaganda del Reich, accusò l'ex Nunzio Pacelli, «divenuto il cattivo consigliere del Papa», di essere il 			sostenitore di un cattolicesimo politico che era una dichiarazione 			di guerra al nazionalsocialismo. Il Cardinal Pacelli non rispose a 			queste accuse, ma preoccupato inviò il 10 gennaio 1939 una lettera 			ai Cardinali degli Stati Uniti e del Canada sulla grave situazione 			creatasi a causa dei rifiuti reiterati dell'amministrazione 			americana di incorporare nelle Università del Nordamerica i 			professori e gli scienziati ebrei cacciati dalla Germania. Egli 			scrisse personalmente a Mons. Francis Joseph Spellman 			(1889-1967), ricordandogli «che non è possibile ai cristiani 			aderire all'antisemitismo, tanto più - aggiunse - 			che siamo spiritualmente semiti» 31.			 «È curioso che la condanna della Chiesa riguardante la politica 			razziale in Germania abbia incontrato rare approvazioni da parte dei 			governi e, più curioso ancora, da parte dei responsabili dei culti 			religiosi» 32.
 accusati di essere i responsabili della miseria e 			dell'inflazione: "Per la Chiesa è una pratica costante - precisava 			questo Decreto - pregare per il popolo ebraico nel quale, fino a 			Cristo, la promessa divina si era manifestata, e ciò malgrado, o 			piuttosto a causa dell'accecamento che questo popolo ha testimoniato 			in seguito. Mossa dalla sua carità verso questo popolo, la Sede 			Apostolica lo ha preso sotto la sua protezione per risparmiargli 			maltrattamenti ingiustificati e, siccome la Santa Sede disapprova 			ogni sentimento di invidia e di gelosia tra i popoli, condanna 			parimenti in modo particolare l'odio contro il popolo un tempo 			eletto di Dio, e particolarmente quell'odio che si ha l'abitudine di 			designare con la parola "antisemitismo"» 28. «Il 26 			aprile 1933, Mons.			Berning, Vescovo di Osnabrück, venne ricevuto dal Führer. Egli andò 			ad			esporgli il malcontento dei cattolici tedeschi davanti alla 			discriminazione			imposta agli ebrei, un atteggiamento contrario alla tradizione 			cristiana.			Hitler gli oppose la necessità per il Reich di difendere i 			fondamenti			della cristianità. Il 2 settembre 1933 [...], il Cardinale Bertram 			[...] pregò (il Cardinal Pacelli) di pronunciare "parole cordiali in 			favore degli			ebrei battezzati e perseguitati a			causa della 			 
loro origine". Il Cardinal Pacelli [...] minacciò di interrompere			le trattative in vista di un Concordato			con la Germania e si vide rispondere			dal ministro tedesco che "la questione ebraica non è una faccenda			di religione, ma di razza, e che			ogni insistenza della Santa Sede verrà			considerata come un intervento			negli affari interni del Reich" [...].			Dal canto suo, il Cardinal Faulhaber,			di fronte alle provocazioni dei fanatici			del nazionalsocialismo, si assunse			il rischio di pronunciare cinque			omelie ritrasmesse da altoparlanti in			parecchie chiese, cosa che provocò			il furore dei capi del partito [...] e scatenò subito una serie di 			persecuzioni			che indussero la Santa Sede a dubitare dell'efficacia delle 			dimostrazioni			pubbliche. L'Episcopato tedesco decise allora la fondazione di			un'associazione che in seguito divenne l'opera "San Raffaele" e che 			sotto			la copertura del Concordato avrebbe intrapreso un'azione in favore			degli ebrei [...]. Nel 1938, le violenze diventarono così gravi che Mons.			Pacelli, desideroso di compiere un gesto pubblico, manifestando la 			riprovazione			della Santa Sede, mandò al Gran Rabbino della Baviera la sua 			automobile personale per trasportare nel palazzo arcivescovile la 			Toràh e gli oggetti di culto della sinagoga. In quel periodo Hitler 			era onnipotente, il mondo intero non gli risparmiava i suoi 			incoraggiamenti e nessuna voce si alzava contro la persecuzione. Il 			gesto del Cardinal Pacelli rimase sconosciuto al mondo intero. Il 15 			luglio 1938, Pio XI ebbe
 l'opportunità di rispondere agli ideologi 			del fascismo italiano che avevano abbracciato le teorie antisemite»			 29. Dopo il 9 novembre 1938, data della 			famosa «notte dei cristalli», «Mons. von Preysing inviò un 			rapporto circostanziato al Segretario di Stato, informandolo che 			numerosi israeliti avevano trovato rifugio negli edifici religiosi			 [...], ma che ogni posizione pubblica assunta dalla Chiesa 			avrebbe aggravato questa proscrizione e avrebbe reso più difficile 			il soccorso delle vittime. Il Cardinal Pacelli si servì di 			queste notizie trasmesse dall'Episcopato tedesco per porre i 			responsabili del fascismo italiano davanti alle atroci conseguenze 			derivanti dall'attuazione delle ingiuste leggi razziali. Il Ministro 			italiano degli Esteri, il conte Galeazzo Ciano, toccato da questi 			argomenti, si mostrò titubante circa la proposta di un'alleanza 			militare che il suo collega tedesco, von Ribbentrop, era venuto a 			proporgli» 30. L'Angriff, il 			giornale di Joseph Goebbels (1897-1945), Ministro della 			Propaganda del Reich, accusò l'ex Nunzio Pacelli, «divenuto il cattivo consigliere del Papa», di essere il 			sostenitore di un cattolicesimo politico che era una dichiarazione 			di guerra al nazionalsocialismo. Il Cardinal Pacelli non rispose a 			queste accuse, ma preoccupato inviò il 10 gennaio 1939 una lettera 			ai Cardinali degli Stati Uniti e del Canada sulla grave situazione 			creatasi a causa dei rifiuti reiterati dell'amministrazione 			americana di incorporare nelle Università del Nordamerica i 			professori e gli scienziati ebrei cacciati dalla Germania. Egli 			scrisse personalmente a Mons. Francis Joseph Spellman 			(1889-1967), ricordandogli «che non è possibile ai cristiani 			aderire all'antisemitismo, tanto più - aggiunse - 			che siamo spiritualmente semiti» 31.			 «È curioso che la condanna della Chiesa riguardante la politica 			razziale in Germania abbia incontrato rare approvazioni da parte dei 			governi e, più curioso ancora, da parte dei responsabili dei culti 			religiosi» 32.
l			 Informazioni e reazioni tardive da parte 			degli alleati
«Fu solamente il 17 dicembre 1942 			che i governi americano, inglese e russo si decisero a redigere una 			dichiarazione congiunta sulla situazione degli ebrei. Pio XII venne 			invitato da Myron Taylor (ambasciatore degli Stati Uniti presso 			il Vaticano) ad associarsi pubblicamente a questa dichiarazione. 			Pio XII, pur rallegrandosi "di vedere i governi americano, russo e 			inglese preoccuparsi di un problema che la Chiesa cattolica ha posto 			al mondo senza interruzione anche prima dell'avvento del 			nazionalsocialismo", declinò l'invito degli alleati in quanto 			l'intervento nelle questioni politiche avrebbe leso l'imparzialità 			della Santa Sede. Egli fece sapere al governo americano che, dal 			canto suo, avrebbe continuato ad agire tramite la Croce Rossa 			Internazionale, evitando le provocazioni verbali che le 			stesse vittime del nazionalsocialismo non desideravano»			 33. La Croce Rossa aveva pensato di 			formulare una protesta solenne, ma vi rinunciò dopo consultazione 			dei suoi membri che decisero unanimemente di continuare il loro 			lavoro senza clamori 34. Max Isaac 			Dimont (1912-1992), storico ebreo, scrive nella sua opera Les 			Juifs, Dieu et l'Histoire («Gli ebrei, Dio e la Storia»): «Gli 			ebrei, come il resto del mondo, ignoravano totalmente 			ciò che accadeva nei campi di concentramento. Quando l'atroce 			verità venne a galla, gli ebrei, come il resto del mondo, si 			rifiutarono di credere che degli uomini potessero agire in modo così 			disumano. Tuttavia, verso il 1943, essi iniziarono a rendersi conto 			che le voci che correvano sui campi della morte erano vere. Ma era 			già troppo tardi per organizzare una resistenza efficace»			 35. «Nel suo libro "The Night"			 ("La notte"),			 Elie Wiesel racconta come, nonostante gli innumerevoli 			avvertimenti alla comunità ebraica di Sighet, in Transilvania 			(Ungheria), di cui suo padre era rabbino, "nessuno 			credeva, nella primavera del 1944, alla realtà dei 			campi di concentramento"»			 36. «La dichiarazione di Mosca del 1943, 			firmata dai tre grandi, aveva escluso praticamente gli ebrei dalle 			vittime del nazismo» 37. Fu 			solamente il 22 marzo 1944, su pressione del War Refuge Board 			(«Ufficio dei rifugiati di guerra»), creato nel gennaio del 1944 per 			ostacolare la persecuzione degli ebrei, e su istanze di Albert 			Einstein (1879-1955), che aveva scritto personalmente alla 			moglie del Presidente Roosevelt, che lo stesso Presidente pubblicò 			la prima energica dichiarazione contro i crimini razziali che gli 			inglesi non mancarono di diffondere, ma che fu boicottata dai russi 			che obiettarono che «ogni russo e non solamente gli ebrei sono in 			pericolo» 38.![]()  | ![]()  | ![]()  | 
| Max Isaac Dimont | Elie Wiesel | Albert Einstein | 
l			 Pio XII ha parlato
«Coloro che si sono rifugiati nella 			città del Vaticano - dichiarò Wladimir d'Ormesson 			(1888-1973) 39 - possono 			testimoniare dell'isolamento totale in cui era tenuta la Santa Sede. 			Il fascismo e presto anche le truppe di Hitler avevano alzato un 			vero "muro" tra la piccola città pontificia e il resto del mondo. Il 			telegrafo era nelle mani dei fascisti [...], la radio 			straniera terribilmente disturbata. Non parliamo poi del telefono. 			La polizia fascista, presto affiancata dalla polizia nazista, non 			allentava la sua morsa [...]. Sono assolutamente convinto che 			Pio XII, come il resto del mondo, non fosse a conoscenza delle 			mostruosità di cui gli ebrei erano vittime» 			 40. «Tuttavia, l'abilità di Pio XII gli 			permise di utilizzare il privilegio diplomatico internazionale che 			gli conferiva il Trattato del Laterano» 41.			 «La presenza delle rappresentanze diplomatiche dei Paesi in 			guerra con l'Italia, all'interno del Vaticano, gli permise di 			proseguire con efficacia l'azione diplomatica e l'opera caritatevole 			che erano condotte dalla Santa Sede [...]. La rete delle 			nunziature, tramite cui giungevano alle vittime del mondo intero i 			messaggi, le notizie, i soccorsi ai Paesi occupati, poté essere 			mantenuta, e così si affermò l'azione della più alta autorità morale 			del mondo» 42. Nel settembre del 			1942, Myron Taylor (1874-1959), ambasciatore degli Stati 			Uniti presso la Santa Sede, informò il Santo Padre di certe misure 			prese contro gli ebrei. Pio XII annotò sulla sua agenda personale 			verso la fine di settembre di quell'anno: «Come rimanere 			insensibili di fronte alle sofferenze che sopportano i non-ariani e 			di cui il rapporto di Taylor fà una spaventosa descrizione? La 			distruzione del ghetto di Varsavia - più di sessantamila persone - 			 lo sterminio dei deportati della Germania, del Belgio, dell'Olanda, 			della Francia e della Slovacchia [...], altre deportazioni di 			prigionieri politici verso la Lituania, Lublino o Theresientad 			gonfiano il cuore di indignazione, di disgusto e superano 			assolutamente le esigenze reali della guerra. Come credere che le 			tali abominazioni siano possibili? [...]. Ma più ancora dei 			massacri e del torto materiale che causano, i nazisti sono 			responsabili di crimini spirituali poiché rifiutano ogni assistenza 			religiosa a tanti morti. Coloro che sono a conoscenza di 			questi misfatti si lamentano che il Papa non parla. La verità 			è che non può parlare; se parla accadrebbe il peggio»			 43.
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| Wladimir d'Ormesson | Myron Taylor | 
Tuttavia, il Papa non poté non elevare 			la voce. Queste misure di persecuzione, di cui nessuno sospettava 			l'ampiezza, le denunciò solennemente per primo nel suo 			radio-messaggio di Natale del 1942 in cui considerò con spavento la 			sorte di questi infelici. «"Queste centinaia di migliaia di 			persone che, a causa unicamente della loro nazionalità o della 			loro razza, sono state destinate alla morte mediante una 			progressiva estinzione". Non è parlare abbastanza chiaro? Non è 			rompere il silenzio? In quanto ai motivi e alla necessità di questo 			preteso silenzio, sotto cui traspare l'eloquente riprovazione 			dell'anatema più formale, il Papa li aveva indicati fin dal 29 			giugno 1941 rievocando "le indicibili sofferenze e le persecuzioni 			che la sollecitudine stessa per coloro che soffrono non permette di 			rivelare in tutti i loro dolorosi e commoventi dettagli"»			 44. «Nella sua allocuzione al Collegio 			dei Cardinali, il 2 giugno 1943, Pio XII rievocando ancora una volta 			le "suppliche ansiose di tutti coloro che, a causa della loro 			nazionalità o della loro razza, sono prostrati dalle più grandi 			prove e talvolta persino destinati senza colpa personale a misure di 			sterminio", aggiunse: "Tutte le nostre parole inviate all'autorità 			competente su questo argomento, come tutte le nostre 			dichiarazioni pubbliche, devono essere pesate seriamente e 			misurate da Noi, nell'interesse stesso delle vittime 			per non rendere, contrariamente alle nostre intenzioni, 			più pesante e più insopportabile la loro situazione. Perlomeno i 			miglioramenti apparentemente ottenuti non rispondono all'ampiezza 			della sollecitudine materna della Chiesa in favore di questi gruppi 			particolari sottomessi alla più atroce sventura. Il Vicario di 			Cristo, che chiedeva solamente pietà e ritorno sincero alle norme 			elementari del diritto e dell'umanità, si è trovato davanti ad una 			porta che nessuna chiave può aprire"» 45.
l			 Le necessità del momento impongono la 			prudenza
Scrive Curvers: «Non si può al 			tempo stesso chiedere grazia per le vittime, siano esse ebree 			o cristiane, e lanciare l'anatema in faccia ai loro 			boia onnipotenti» 46. Cosa ci 			si poteva aspettare da parte di Hitler? Nel momento in cui lasciò la 			Germania, il Nunzio Pacelli, avendo ben compreso il personaggio di 			Hitler, mise in guardia il suo entourage contro il pericolo 			che lo minacciava: «È un uomo che passa sui cadaveri - diceva 			- e che calpesta ciò che trova sulla sua strada»			 47. E, infatti, ovunque e in ogni occasione 			crebbe la spirale della violenza. Nel suo discorso del 30 gennaio 			1939, Hitler dichiarò: «Sembra che all'estero regni in certi 			ambienti l'opinione secondo cui il fatto di manifestare ad alta voce 			la simpatia per quegli elementi che sono entrati in conflitto con la 			legge in Germania, potrebbe indurre una mitigazione della loro  			situazione [...]. Tale opinione poggia su un errore capitale 			[...]. Non vedremo, in ogni caso particolare, che una ragione 			imperativa di rafforzare le misure da prendere da parte nostra»			 48. E, più tardi, in uno dei suoi 			Tischgespräche («discorsi conviviali»), pubblicato in Germania, 			Hitler dichiarò il 7 aprile 1942: «In caso di protesta, chiunque 			sia, tutti i dirigenti, ivi compresi quelli del "cattolicesimo 			politico", verranno immediatamente arrestati e messi a morte. Verrà 			dato anche l'ordine di fucilare nei tre giorni successivi tutti i 			detenuti nei campi di concentramento» 49. 			«Infatti, le cose peggioravano ogni volta che la Chiesa rischiava di 			prendere una posizione ufficiale. Una protesta collettiva che i 			Vescovi olandesi firmarono nel luglio del 1942 contro 			l'antisemitismo non ebbe altro effetto che causare la deportazione 			degli ebrei battezzati che fino a quel momento era stata 			risparmiata» 50. Segnaliamo che fu 			in queste circostanze che Suor Benedicta, (Edith Stein; 			1891-1942), e sua sorella Rosa, furono prelevate dal Carmelo da due 			ufficiali delle SS e arrestate. A proposito di questa rappresaglia,			 Suor Pascalina Lehnert (1894-1983), che per quarant'anni fu 			al servizio di Pio XII, raccontò che una mattina, il Papa, che aveva 			appena appreso la sorte degli ebrei olandesi, tenendo in mano due 			grandi fogli disse: «Vorrei bruciare questi fogli. È la mia 			protesta contro la terribile persecuzione degli ebrei. Doveva essere 			pubblicata questa sera sull'"Osservatore Romano". Ma se la Lettera 			dei Vescovi olandesi è costata 40.000 vite umane, la mia protesta 			forse ne provocherebbe 200.000. Non devo né posso assumermi questa 			responsabilità. Perciò è meglio tacere in pubblico e fare in 			silenzio come prima tutto ciò che è possibile per queste povere 			persone» 51. Altro aneddoto che 			rivela quanto stretta fosse la via che bisognava percorrere e quanto			 «arduo e sassoso» fosse «per il rappresentante di Cristo 			il sentiero su cui doveva camminare per rimanere in equilibrio tra 			le esigenze contraddittorie del suo incarico» 52: nel 1946, il Cardinal von Galen (di cui abbiamo 			parlato poc'anzi) uscendo da una lunga udienza dal Santo Padre, 			raccontò che Pio XII gli aveva ripetuto a memoria i diversi passaggi 			dei sermoni fatti da lui al tempo di Hitler, come se il Papa li 			avesse imparati a memoria. «Sì, Santo Padre - gli rispose il 			Cardinale - ma quanti dei miei migliori sacerdoti sono finiti in 			un campo di concentramento e sono morti per aver diffuso le mie 			omelie»! Pio XII gli disse allora che era proprio la 			terribile certezza di sapere che la rappresaglia sarebbe caduta su 			migliaia di persone che l'avevano costretto a tacere			 53. «I perseguitati stessi non 			smettevano di scongiurare il Santo Padre di aiutarli solamente in 			segreto» 54. E non è senza 			ragione che, nella redazione delle loro lettere, i Vescovi polacchi 			avevano assunto un atteggiamento di estremo riserbo. La lettera del			 Cardinale Adam Sapieha (1867-1951), del 28 febbraio 1942, fu 			tuttavia un'eccezione. L'Arcivescovo rinunciò ad ogni precauzione e 			descrisse il rigore dell'oppressione nazista e la tragedia dei campi 			di concentramento.![]()  | ![]()  | ![]()  | 
| Edith Stein | Suor Pascalina | Cardinal Sapieha | 
Ma dopo avere confidato questa testimonianza ad 			un sacerdote italiano, mandò a quest'ultimo un messaggero per 			pregarlo di bruciare il documento «affinché non cadesse nelle			mani dei tedeschi che avrebbero fucilato tutti i Vescovi»			 55, e in nome dei Vescovi polacchi chiese 			contemporaneamente al Santo Padre «di non rendere pubbliche le 			lettere inviate dall'Episcopato polacco per denunciare le atrocità 			naziste» 56. Fu per questo che il 			30 aprile 1943 Pio XII scrisse segretamente a Mons. von Preysing, 			Vescovo di Berlino, queste sconvolgenti parole, riassunto della 			tragedia morale nella quale la sua alta coscienza si trovava 			impegnata: «Lasciamo ai pastori residenti la cura di soppesare se, e 			in quale misura, il pericolo di rappresaglia e di pressioni, come 			forse altre circostanze dovute alla lunghezza e alla psicologia 			della guerra, consigliano il riserbo - malgrado le ragioni che 			avrebbero per intervenire - al fine di evitare mali più grandi. È 			uno dei motivi per i quali Noi ci siamo imposti dei limiti nelle 			Nostre dichiarazioni. L'esperienza che abbiamo fatto nel 1942, 			lasciando liberamente riprodurre ad uso dei fedeli alcuni documenti 			pontifici, giustifica la nostra attitudine nella misura in cui Noi 			possiamo vedere» 57. Ci si lamenta 			del fatto che non ci furono solenni proteste contro uno dei crimini 			più orribili della Storia 58. Ci si 			lamenta del fatto che Pio XII non abbia minimamente protestato: 			«Doveva forse mettere un altoparlante in Piazza Santo Pietro? Ne 			aveva uno assai migliore: la Chiesa, che a quei tempi ubbidiva 			ancora al Papa. Dato che parlava e scriveva ai Cardinali, ai Nunzi, 			ai Vescovi del mondo intero, non potendo negare i suoi interventi, 			lo si biasima di non essere stato abbastanza vigoroso: ma quale 			organo di trasmissione avrebbe avuto maggiore vigore e fedeltà di 			questa Gerarchia che diffuse ovunque l'influenza e i benefici del 			suo capo»? 59. E ciò valeva molto 			di più di ogni altra denuncia che in quelle circostanze avrebbe «fatto meno scalpore che male» 60, 			attirando			oltre tutto sull'azione della Chiesa «il fulmine che avrebbe 			bruciato tutto ad un tratto tutte le sue probabilità di successo»			 61.
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Sacerdoti martiri del nazismo: da sinistra, 			Padre Tito Brandsma, carmelitano calzato olandese, morto nel 			campo di Dachau il 26 luglio 1942; 			don Karl Leisner, sacerdote secolare tedesco - morto il 12 			agosto 1945 dopo quasi sei anni di indicibili sofferenze fisiche e 			morali inflittegli dalle SS, soprattutto nel campo di concentramento 			di Dachau - venne perseguitato perché era uno dei protagonisti del 			Movimento cattolico giovanile; il frate polacco Padre 			Massimiliano Kolbe o.f.m., 			accusato di nazionalismo e di aver nascosto nel suo convento 1.500 			ebrei, morto nel campo di Auschwitz il 14 agosto 1941.  
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l			 Pio XII ha agito
Fu in Italia che la Santa Sede poté 			esercitare più efficacemente la sua influenza, poiché la questione 			ebraica fu per lei un problema quotidiano. Essa era sollecitata ad 			intervenire senza tregua nella lunga lotta di quei mesi di guerra 			quando non si potevano ancora prevedere le scelte del Duce. Fu così 			che Mussolini, che tuttavia in certi momenti non aveva nascosto la 			sua ostilità verso Pio XII, si impegnò in ciò che concerne 			l'antisemitismo, in una tacita politica di rinvio o di ostruzione 			che finì per diventare evidente persino per i tedeschi. Invano, 			Berlino chiese che gli consegnasse le migliaia di ebrei che si erano 			rifugiati in Italia o nei territori sottomessi all'influenza 			militare italiana, specialmente 			 
in Francia e in Iugoslavia. Sotto il 			fascismo, benché ci sia stata la discriminazione razziale, «nessun 			profugo ebreo venne consegnato ai tedeschi per essere deportato»			 62. «La ricerca storica ha trascurato di 			approfondire come conveniva i motivi di [...] questo 			atteggiamento di resistenza. Era un'espressione di un istintivo 			sentimento antitedesco? Chi conosceva realmente la destinazione 			ultima dei deportati ebrei? [...]. Nella primavera del 1943, 			il Ministro degli Esteri italiano entrò in possesso di un documento 			"in cui venivano descritti, sotto una luce particolarmente tragica, 			i massacri operati dalle SS in un campo di concentramento in 			Polonia". Questo documento pervenne a Mussolini "insieme ad una 			lettera in cui si affermava apertamente che nessun Paese, neanche la 			Germania alleata, può pretendere di associare l'Italia, culla della 			cristianità e del Diritto, a simili misfatti di cui un giorno il 			popolo italiano potrebbe essere chiamato a rendere conto. La partita 			fu vinta. Gli ebrei non furono consegnati ai tedeschi»			 63. Ecco alcuni esempi dell'intervento della 			Santa Sede in Italia: a Ferramonti, in Calabria, si trovava un campo 			di internamento che raggruppava 4.000 persone di origine ebraica. 			Nell’autunno del 1942 e nella primavera del 1943, alcuni segni 			fecero presagire che si era prossimi alla deportazione. Gli agenti 			ebrei si rivolsero allora attraverso tutti i canali possibili alla 			Santa Sede, l'unica che sembrava in grado di bloccare la minaccia. 			L'American Jewish Congress («Congresso Americano Ebraico») 			 chiese l'intervento del Vaticano per «gli iugoslavi di origine 			ebraica che erano in pericolo di essere consegnati ai tedeschi». 			 Un altro appello della sezione londinese del World Jewish 			Congress («Congresso Mondiale Ebraico») venne indirizzato al 			Cardinale Segretario di Stato non solamente per gli iugoslavi, ma 			anche per i cecoslovacchi e i polacchi del campo. Tutti ebbero 			infine salva la vita. Il campo di Ferramonti venne liberato dalle 			truppe alleate nel settembre del 1943. Un gruppo di personalità in 			vista di questo campo venne ricevuto in udienza da Pio XII alla fine 			di ottobre del 1944, e gli lesse un messaggio di ringraziamento: per 			prudenza, non si fece menzione dell'evento sull'Osservatore 			Romano. Il Vaticano intervenne anche in favore degli ebrei 			insediati nei territori occupati
 dalle truppe italiane, come la 			Iugoslavia. Alla fine di febbraio del 1943, von Ribentropp si recò 			personalmente a Roma con l'obiettivo di assicurare la consegna degli 			ebrei. Mussolini, messo in guardia dal suo Ministro degli Esteri, 			anch'egli in costante contatto con il Vaticano, rispose in maniera 			ambigua ed evasiva. Poi, in un secondo tempo, dopo la caduta di 			Mussolini, A. L. Easterman, membro della 			sezione londinese del World Jewish Congress, di fronte ad una 			situazione che si rivelava nuovamente pericolosa per gli ebrei 			croati, mandò direttamente il 2 agosto 1943 un telegramma a Pio XII 			a nome del World Jewish Congress. Il 24 settembre, al termine 			di un rapporto che indicava che 4.000 profughi ebrei erano stati 			trasferiti in un'isola dell'Adriatico che li poneva fuori pericolo 			immediato, terminava con i suoi più calorosi ringraziamenti per 			l'aiuto della Santa Sede prestato in questa circostanza			 64. «Nel 1941, Pio XII organizzò un 			ufficio di mutua assistenza, coadiuvato dal "Catholic Refuge 			Comittee" installato a Roma, in collegamento diretto con Padre 			Leiber e sotto gli ordini di Pio XII. Fino al 1945, esso 			ricevette 102.026 richieste di informazioni sugli ebrei ed ottenne 			37.867 risposte. L'opera "San Raffaele", animata da Padre Anton 			Webern, venne incaricata di procurare i documenti e fornire i fondi 			per l'espatrio di decine di migliaia di ebrei in America. Quest'opera, 			grazie a passaporti 			 
ottenuti da Stati compiacenti, rese possibile il 			trasferimento da Roma all'America di ebrei in pericolo. Molto spesso 			questi candidati alla libertà soggiornarono in Vaticano, e più 			particolarmente nella proprietà del Santo Padre a Castel Gandolfo 			dove aspettavano il semaforo verde delle trafile di Lisbona e di 			Madrid, dove gli episcopati spagnolo e portoghese agivano sulle 			ambasciate inglesi e americane per ottenere i visti d'immigrazione. 			Un vero servizio di documenti falsi e di falsi certificati di 			battesimo si organizzò a partire dall'ufficio di suor Pascalina che 			si affannò senza posa esercitando tutte le influenze vaticane nelle 			ambasciate straniere e presso la polizia italiana. Alla fine del 			1943, più di 6.000 ebrei soggiornarono a Castel Gandolfo, e, ogni 			mattina, il Papa temeva che le polizie tedesca e italiana, che non 			ignoravano affatto il traffico che si svolgeva in Vaticano, 			invadessero gli Stati pontifici. Accogliendo gli ebrei, Pio XII fu 			fedele all'attitudine di tutti i Papi che l'hanno preceduto. In 			effetti, è notevole constatare che, nel corso della Storia, gli 			ebrei hanno sempre trovato una terra ospitale, quella del capo della 			Chiesa, ad Avignone o a Roma. Mentre gli ebrei venivano osteggiati 			ovunque, il Papa di Avignone li accolse, e il Papa di Roma aprì loro 			i monasteri e gli arcivescovadi. Accanto all'opera "San Raffaele", 			quella di Padre Benoît permise di disporre dei mezzi 			necessari alla protezione di 50.000 israeliti profughi nel Sud-Est 			della Francia. Mons. Valerio Valeri introdusse Padre 			Benoît presso le autorità di Vichy che lo aiutarono nella sua 			missione. Il 16 luglio 1943, Pio XII accolse personalmente Padre 			Benoît a Roma e facilitò la sua introduzione presso il governo 			spagnolo, tramite il delegato apostolico a Madrid, Mons. 			Cicognani che, il 9 settembre 1943, fece conoscere alla Santa 			Sede la risposta favorevole del governo spagnolo all'esilio verso 			Madrid di parecchie migliaia di israeliti» 65.			 «Dal momento dell'occupazione di Roma da parte dei tedeschi, 			avvenuta il 10 settembre 1943, l'occupante praticò apertamente e 			senza tregua la caccia all'uomo [...]. Gli ebrei tentavano di 			nascondersi in tutti i modi possibili e immaginabili»			 66.
in Francia e in Iugoslavia. Sotto il 			fascismo, benché ci sia stata la discriminazione razziale, «nessun 			profugo ebreo venne consegnato ai tedeschi per essere deportato»			 62. «La ricerca storica ha trascurato di 			approfondire come conveniva i motivi di [...] questo 			atteggiamento di resistenza. Era un'espressione di un istintivo 			sentimento antitedesco? Chi conosceva realmente la destinazione 			ultima dei deportati ebrei? [...]. Nella primavera del 1943, 			il Ministro degli Esteri italiano entrò in possesso di un documento 			"in cui venivano descritti, sotto una luce particolarmente tragica, 			i massacri operati dalle SS in un campo di concentramento in 			Polonia". Questo documento pervenne a Mussolini "insieme ad una 			lettera in cui si affermava apertamente che nessun Paese, neanche la 			Germania alleata, può pretendere di associare l'Italia, culla della 			cristianità e del Diritto, a simili misfatti di cui un giorno il 			popolo italiano potrebbe essere chiamato a rendere conto. La partita 			fu vinta. Gli ebrei non furono consegnati ai tedeschi»			 63. Ecco alcuni esempi dell'intervento della 			Santa Sede in Italia: a Ferramonti, in Calabria, si trovava un campo 			di internamento che raggruppava 4.000 persone di origine ebraica. 			Nell’autunno del 1942 e nella primavera del 1943, alcuni segni 			fecero presagire che si era prossimi alla deportazione. Gli agenti 			ebrei si rivolsero allora attraverso tutti i canali possibili alla 			Santa Sede, l'unica che sembrava in grado di bloccare la minaccia. 			L'American Jewish Congress («Congresso Americano Ebraico») 			 chiese l'intervento del Vaticano per «gli iugoslavi di origine 			ebraica che erano in pericolo di essere consegnati ai tedeschi». 			 Un altro appello della sezione londinese del World Jewish 			Congress («Congresso Mondiale Ebraico») venne indirizzato al 			Cardinale Segretario di Stato non solamente per gli iugoslavi, ma 			anche per i cecoslovacchi e i polacchi del campo. Tutti ebbero 			infine salva la vita. Il campo di Ferramonti venne liberato dalle 			truppe alleate nel settembre del 1943. Un gruppo di personalità in 			vista di questo campo venne ricevuto in udienza da Pio XII alla fine 			di ottobre del 1944, e gli lesse un messaggio di ringraziamento: per 			prudenza, non si fece menzione dell'evento sull'Osservatore 			Romano. Il Vaticano intervenne anche in favore degli ebrei 			insediati nei territori occupati
 dalle truppe italiane, come la 			Iugoslavia. Alla fine di febbraio del 1943, von Ribentropp si recò 			personalmente a Roma con l'obiettivo di assicurare la consegna degli 			ebrei. Mussolini, messo in guardia dal suo Ministro degli Esteri, 			anch'egli in costante contatto con il Vaticano, rispose in maniera 			ambigua ed evasiva. Poi, in un secondo tempo, dopo la caduta di 			Mussolini, A. L. Easterman, membro della 			sezione londinese del World Jewish Congress, di fronte ad una 			situazione che si rivelava nuovamente pericolosa per gli ebrei 			croati, mandò direttamente il 2 agosto 1943 un telegramma a Pio XII 			a nome del World Jewish Congress. Il 24 settembre, al termine 			di un rapporto che indicava che 4.000 profughi ebrei erano stati 			trasferiti in un'isola dell'Adriatico che li poneva fuori pericolo 			immediato, terminava con i suoi più calorosi ringraziamenti per 			l'aiuto della Santa Sede prestato in questa circostanza			 64. «Nel 1941, Pio XII organizzò un 			ufficio di mutua assistenza, coadiuvato dal "Catholic Refuge 			Comittee" installato a Roma, in collegamento diretto con Padre 			Leiber e sotto gli ordini di Pio XII. Fino al 1945, esso 			ricevette 102.026 richieste di informazioni sugli ebrei ed ottenne 			37.867 risposte. L'opera "San Raffaele", animata da Padre Anton 			Webern, venne incaricata di procurare i documenti e fornire i fondi 			per l'espatrio di decine di migliaia di ebrei in America. Quest'opera, 			grazie a passaporti 			 
ottenuti da Stati compiacenti, rese possibile il 			trasferimento da Roma all'America di ebrei in pericolo. Molto spesso 			questi candidati alla libertà soggiornarono in Vaticano, e più 			particolarmente nella proprietà del Santo Padre a Castel Gandolfo 			dove aspettavano il semaforo verde delle trafile di Lisbona e di 			Madrid, dove gli episcopati spagnolo e portoghese agivano sulle 			ambasciate inglesi e americane per ottenere i visti d'immigrazione. 			Un vero servizio di documenti falsi e di falsi certificati di 			battesimo si organizzò a partire dall'ufficio di suor Pascalina che 			si affannò senza posa esercitando tutte le influenze vaticane nelle 			ambasciate straniere e presso la polizia italiana. Alla fine del 			1943, più di 6.000 ebrei soggiornarono a Castel Gandolfo, e, ogni 			mattina, il Papa temeva che le polizie tedesca e italiana, che non 			ignoravano affatto il traffico che si svolgeva in Vaticano, 			invadessero gli Stati pontifici. Accogliendo gli ebrei, Pio XII fu 			fedele all'attitudine di tutti i Papi che l'hanno preceduto. In 			effetti, è notevole constatare che, nel corso della Storia, gli 			ebrei hanno sempre trovato una terra ospitale, quella del capo della 			Chiesa, ad Avignone o a Roma. Mentre gli ebrei venivano osteggiati 			ovunque, il Papa di Avignone li accolse, e il Papa di Roma aprì loro 			i monasteri e gli arcivescovadi. Accanto all'opera "San Raffaele", 			quella di Padre Benoît permise di disporre dei mezzi 			necessari alla protezione di 50.000 israeliti profughi nel Sud-Est 			della Francia. Mons. Valerio Valeri introdusse Padre 			Benoît presso le autorità di Vichy che lo aiutarono nella sua 			missione. Il 16 luglio 1943, Pio XII accolse personalmente Padre 			Benoît a Roma e facilitò la sua introduzione presso il governo 			spagnolo, tramite il delegato apostolico a Madrid, Mons. 			Cicognani che, il 9 settembre 1943, fece conoscere alla Santa 			Sede la risposta favorevole del governo spagnolo all'esilio verso 			Madrid di parecchie migliaia di israeliti» 65.			 «Dal momento dell'occupazione di Roma da parte dei tedeschi, 			avvenuta il 10 settembre 1943, l'occupante praticò apertamente e 			senza tregua la caccia all'uomo [...]. Gli ebrei tentavano di 			nascondersi in tutti i modi possibili e immaginabili»			 66.![]()  | ![]()  | ![]()  | 
| Padre Benoît | Mons. Valeri | Mons. Cicognani | 
Anche in questo caso, fu il Santo Padre 			che fece aprire le porte del Vaticano. «Le istruzioni al clero 			italiano erano di mettere al riparo nei monasteri il 90% della 			popolazione israelitica che risiedeva in Italia»			 67. «Il Vaticano, i numerosi monasteri, i 			collegi, tutto diventò luogo d'asilo per coloro che erano braccati e 			perseguitati» 68. «A Roma 			stessa, in barba alla Gestapo, 40.000 profughi clandestini finirono 			direttamente sotto la protezione del Papa. Più di quattrocento 			profughi vennero ospitati tra le mura del Vaticano, persino negli 			appartamenti privati. Tra di essi, la maggioranza erano 			israeliti. Una sessantina di ebrei si nascosero nel seminario 			lombardo. I più minacciati portavano la veste talare per depistare 			le perquisizioni [...]. Ce n'erano più di quattrocento tra i 			frati di San Giovanni di Dio, nell'isola del Tevere»			 69. «Un cappuccino, Padre Jean, durante 			un'udienza, si vide gratificare da un sorriso complice di Pio XII. 			Quest'ultimo era stato informato da suor Pascalina che il frate 			cappuccino aveva aperto, contro tutte le prescrizioni canoniche, i 			monasteri delle suore ai profughi israeliti» 70. «Pio XII stesso aiutò a rifornire i clandestini e a 			rendere il loro alloggiamento accettabile. E tutto doveva accadere 			nel più grande segreto, perché arrivavano senza tregua dei nuovi 			fuggiaschi, e quelli che erano già al sicuro non dovevano essere 			messi in pericolo. Pio XII volle aiutare tutti quelli che erano in 			preda allo sconforto. Non si faceva differenza. Vennero accolte 			anche delle persone che in seguito ripagarono il Papa con 			l'ingratitudine, addirittura con le calunnie. Guai se egli avesse 			appreso che erano state fatte delle riserve per accogliere persone
 			che avevano una pessima reputazione»! 			 71. «La popolazione ebraica di Roma 			[...] che si era rifugiata nelle chiese e nei monasteri, era 			convinta che i tedeschi non avrebbero osato violare gli asili 			religiosi. Il 16 ottobre 1943, essi osarono. Nella notte, 1.600 			persone vennero strappate dai conventi e dalle case religiose, e 			arrestate immediatamente. Pio XII chiamò subito Padre Pfeiffer, 			Superiore Generale della Società del Divin Salvatore. Padre Pfeiffer 			era tedesco. Pio XII lo supplicò di intercedere presso il suo 			compatriota, il Generale Stahel, Comandante militare di Roma. 			Costui, cattolico convinto, accettò di collaborare contro la Gestapo, 			e l'ambasciatore di Germania presso la Santa Sede, informato da Pio 			XII di questa aggressione, accettò di trasmettere al suo governo la 			protesta del Santo Padre. Il rettore tedesco della chiesa tedesca di 			Roma, Mons. Hudal, unì i suoi sforzi a quelli del 			Papa, e ottenne dal Generale Stahel la seguente risposta: "Ho 			comunicato immediatamente la protesta del Santo Padre alla Gestapo 			di Roma e a Himmler in persona. Ho il piacere di annunciarvi che 			egli ha dato l'ordine con un riguardo al carattere speciale di Roma: 			gli arresti sono sospesi". Infatti, lo furono. Ma ben presto si 			dovette nuovamente constatare che ogni protesta pubblica 			aggravava il caso degli israeliti. Il 25 ottobre 1943, il Papa, 			che aveva vissuto questi avvenimenti con grande tristezza, pensò di 			avere il dovere di lasciare che l'"Osservatore Romano" esprimesse 			l'indignazione del mondo cristiano davanti ai maltrattamenti 			inflitti agli innocenti [...]. I tedeschi confiscarono 			l'"Osservatore Romano" nelle edicole, e avvisarono la Segreteria di 			Stato che i servizi di sicurezza avrebbero ripreso le perquisizioni 			nei monasteri se l'organo ufficiale del Vaticano avesse continuato 			la sua campagna. Per dare a questa minaccia il peso che fece piegare 			Pio XII, il Comandante delle SS di Roma convocò il capo della 			comunità israelitica e gli ordinò di consegnare entro trentasei ore 			cinquanta chili d'oro, altrimenti duecento ebrei sarebbero stati 			immediatamente deportati. Pio XII, informato di questo vergognoso 			mercanteggiamento, fece venire il conte Galeazzi, 			e lo supplicò di accumulare i cinquanta chili d'oro raccogliendo 			tutto ciò che c'era d'oro in Vaticano. Il capo della comunità 			ebraica ricevette dalle mani del Papa il peso del riscatto. Gli 			ebrei che si erano riparati in Vaticano, presso Mons. Anichini 			Beretti, e che alloggiavano negli appartamenti privati del Santo 			Padre, vennero in delegazione a ringraziare Pio XII. Tutte queste 			azioni vennero organizzate mentre un picchetto di guardie tedesche 			sostava davanti alla porta di bronzo. Attraverso la sagrestia di San 			Pietro, alcuni camion di rifornimento si dirigevano verso i 			quartieri popolari, e durante la notte i braccati entravano 			all’interno del Vaticano» 72.
 			che avevano una pessima reputazione»! 			 71. «La popolazione ebraica di Roma 			[...] che si era rifugiata nelle chiese e nei monasteri, era 			convinta che i tedeschi non avrebbero osato violare gli asili 			religiosi. Il 16 ottobre 1943, essi osarono. Nella notte, 1.600 			persone vennero strappate dai conventi e dalle case religiose, e 			arrestate immediatamente. Pio XII chiamò subito Padre Pfeiffer, 			Superiore Generale della Società del Divin Salvatore. Padre Pfeiffer 			era tedesco. Pio XII lo supplicò di intercedere presso il suo 			compatriota, il Generale Stahel, Comandante militare di Roma. 			Costui, cattolico convinto, accettò di collaborare contro la Gestapo, 			e l'ambasciatore di Germania presso la Santa Sede, informato da Pio 			XII di questa aggressione, accettò di trasmettere al suo governo la 			protesta del Santo Padre. Il rettore tedesco della chiesa tedesca di 			Roma, Mons. Hudal, unì i suoi sforzi a quelli del 			Papa, e ottenne dal Generale Stahel la seguente risposta: "Ho 			comunicato immediatamente la protesta del Santo Padre alla Gestapo 			di Roma e a Himmler in persona. Ho il piacere di annunciarvi che 			egli ha dato l'ordine con un riguardo al carattere speciale di Roma: 			gli arresti sono sospesi". Infatti, lo furono. Ma ben presto si 			dovette nuovamente constatare che ogni protesta pubblica 			aggravava il caso degli israeliti. Il 25 ottobre 1943, il Papa, 			che aveva vissuto questi avvenimenti con grande tristezza, pensò di 			avere il dovere di lasciare che l'"Osservatore Romano" esprimesse 			l'indignazione del mondo cristiano davanti ai maltrattamenti 			inflitti agli innocenti [...]. I tedeschi confiscarono 			l'"Osservatore Romano" nelle edicole, e avvisarono la Segreteria di 			Stato che i servizi di sicurezza avrebbero ripreso le perquisizioni 			nei monasteri se l'organo ufficiale del Vaticano avesse continuato 			la sua campagna. Per dare a questa minaccia il peso che fece piegare 			Pio XII, il Comandante delle SS di Roma convocò il capo della 			comunità israelitica e gli ordinò di consegnare entro trentasei ore 			cinquanta chili d'oro, altrimenti duecento ebrei sarebbero stati 			immediatamente deportati. Pio XII, informato di questo vergognoso 			mercanteggiamento, fece venire il conte Galeazzi, 			e lo supplicò di accumulare i cinquanta chili d'oro raccogliendo 			tutto ciò che c'era d'oro in Vaticano. Il capo della comunità 			ebraica ricevette dalle mani del Papa il peso del riscatto. Gli 			ebrei che si erano riparati in Vaticano, presso Mons. Anichini 			Beretti, e che alloggiavano negli appartamenti privati del Santo 			Padre, vennero in delegazione a ringraziare Pio XII. Tutte queste 			azioni vennero organizzate mentre un picchetto di guardie tedesche 			sostava davanti alla porta di bronzo. Attraverso la sagrestia di San 			Pietro, alcuni camion di rifornimento si dirigevano verso i 			quartieri popolari, e durante la notte i braccati entravano 			all’interno del Vaticano» 72.![]()  | ![]()  | ![]()  | 
| Padre Pfeiffer | Mons. Hudal | Il conte Galeazzi | 
«Il sacrosanto diritto d'asilo dietro la porta di bronzo, imposto ai 			conquistatori che regnavano da padroni in Roma, andò a beneficio 			delle vittime del mondo intero e dei profughi di tutte le 			confessioni e di tutte le razze, che ne godettero fino alla fine 			della guerra. Non era un segreto, e soprattutto non lo era per la 			Gestapo che sapeva che, nel 1944, più di 7.000 israeliti 			avevano trovato rifugio nella città di San Pietro e a Castel 			Gandolfo e che, ovunque nel mondo, i monasteri, i presbiteri e i 			recinti divini ospitavano più di un milione di vittime»			 73. «Pio XII ha dimostrato il suo sangue 			freddo davanti a tutte le minacce - la più grave delle quali era 			l'occupazione della Santa Sede e la cattura del Papa			 74 - e non temeva un'azione violenta 			contro la sua persona» 75. 			 «Aggiungiamo agli ebrei d'Italia e di Francia quelli che 			 
sappiamo 			che la Chiesa ha salvato in Belgio, delle migliaia tra cui il Gran 			Rabbino Ulman, sottratto due volte alla deportazione grazie agli 			interventi del Cardinale van Roey; quelli d'Olanda; quelli 			della Slovacchia dove, secondo un rapporto diplomatico tedesco, le 			"pressioni" della Santa Sede ottennero "nell'estate del 1943 la 			cessazione delle deportazioni degli ebrei, e di conseguenza la 			sopravvivenza di quasi un quarto di essi"; quelli di Romania, tra 			cui il Gran Rabbino Safran, che testimoniarono che il Papa, tramite 			la mediazione del suo Nunzio Mons. Cassulo, li salvò "dal disastro 			nell'ora in cui la deportazione degli ebrei rumeni era decisa"»			 76. In effetti, Mons. Andrea 			Cassulo (1869-1952), su intervento del Segretariato di Stato, 			aveva fatto delle pressioni sul Maresciallo Ion Antonescu 			(1882-1946) che nel febbraio del 1943 accettò il principio di 			trasferimento delle vittime verso un luogo d'asilo stabilito dagli 			alleati: 70.000 ebrei rumeni poterono così sfuggire alla 			deportazione. «I fuggiaschi rinnovano il loro saluto a Mons. 			Roncalli, Nunzio ad Istambul, che agì - come confermò poi 			Pinchas Lapide, console d'Israele a Milano - "su ordine preciso 			di Pio XII"» 77. «Scriveva il 			Santo Padre sul suo taccuino il 15 ottobre 1943: "Che Mons. Roncalli 			non risparmi nessuno sforzo per soccorrere gli ebrei dell'Europa 			centrale e dei Balcani, che invii degli incoraggiamenti ad imitarlo 			ai rappresentanti dalla Santa Sede a Bucarest e a Budapest, e che 			questi si prodighino in favore dei perseguitati"»			 78. Fu così che l'influenza di Mons.			 Giuseppe Roncalli (1881-1963) si estese a tutto il Sud-Est 			dell'Europa. «Grazie alla sua amicizia con re Boris, egli riuscì 			a salvare tutta la comunità ebraica di Bulgaria»			 79. «25.000 ebrei di Sofia furono 			disseminati nella campagna bulgara e nascosti in tutte le 			istituzioni religiose» 80. Mons. 			Roncalli venne sollecitato dal War Refuge Board, organismo 			creato dagli americani per tentare di bloccare - come abbiamo già 			detto - la deportazione degli ebrei e di altri perseguitati 			d'Europa. Il successo di questo organismo dipendeva dall'accoglienza 			che i suoi agenti ricevevano dai Paesi neutrali che intrattenevano 			con il Vaticano delle relazioni efficaci, e più particolarmente dal 			Portogallo e dalla Spagna che - notiamo en passant - 			accolsero 250.000 ebrei durante la persecuzione nazista			 81.
sappiamo 			che la Chiesa ha salvato in Belgio, delle migliaia tra cui il Gran 			Rabbino Ulman, sottratto due volte alla deportazione grazie agli 			interventi del Cardinale van Roey; quelli d'Olanda; quelli 			della Slovacchia dove, secondo un rapporto diplomatico tedesco, le 			"pressioni" della Santa Sede ottennero "nell'estate del 1943 la 			cessazione delle deportazioni degli ebrei, e di conseguenza la 			sopravvivenza di quasi un quarto di essi"; quelli di Romania, tra 			cui il Gran Rabbino Safran, che testimoniarono che il Papa, tramite 			la mediazione del suo Nunzio Mons. Cassulo, li salvò "dal disastro 			nell'ora in cui la deportazione degli ebrei rumeni era decisa"»			 76. In effetti, Mons. Andrea 			Cassulo (1869-1952), su intervento del Segretariato di Stato, 			aveva fatto delle pressioni sul Maresciallo Ion Antonescu 			(1882-1946) che nel febbraio del 1943 accettò il principio di 			trasferimento delle vittime verso un luogo d'asilo stabilito dagli 			alleati: 70.000 ebrei rumeni poterono così sfuggire alla 			deportazione. «I fuggiaschi rinnovano il loro saluto a Mons. 			Roncalli, Nunzio ad Istambul, che agì - come confermò poi 			Pinchas Lapide, console d'Israele a Milano - "su ordine preciso 			di Pio XII"» 77. «Scriveva il 			Santo Padre sul suo taccuino il 15 ottobre 1943: "Che Mons. Roncalli 			non risparmi nessuno sforzo per soccorrere gli ebrei dell'Europa 			centrale e dei Balcani, che invii degli incoraggiamenti ad imitarlo 			ai rappresentanti dalla Santa Sede a Bucarest e a Budapest, e che 			questi si prodighino in favore dei perseguitati"»			 78. Fu così che l'influenza di Mons.			 Giuseppe Roncalli (1881-1963) si estese a tutto il Sud-Est 			dell'Europa. «Grazie alla sua amicizia con re Boris, egli riuscì 			a salvare tutta la comunità ebraica di Bulgaria»			 79. «25.000 ebrei di Sofia furono 			disseminati nella campagna bulgara e nascosti in tutte le 			istituzioni religiose» 80. Mons. 			Roncalli venne sollecitato dal War Refuge Board, organismo 			creato dagli americani per tentare di bloccare - come abbiamo già 			detto - la deportazione degli ebrei e di altri perseguitati 			d'Europa. Il successo di questo organismo dipendeva dall'accoglienza 			che i suoi agenti ricevevano dai Paesi neutrali che intrattenevano 			con il Vaticano delle relazioni efficaci, e più particolarmente dal 			Portogallo e dalla Spagna che - notiamo en passant - 			accolsero 250.000 ebrei durante la persecuzione nazista			 81.![]()  | ![]()  | ![]()  | 
| Cardinale van Roey | Mons. Andrea Cassulo | Pinchas Lapide | 
Questi due Paesi permisero il transito 			degli ebrei verso l'Africa settentrionale, la Palestina, gli Stati 			Uniti e l'America del Sud. Mons. Roncalli chiese al Santo Padre 			pieni poteri per negoziare col War Refuge Board. Egli diede 			il suo appoggio a questo organismo andando a trovare il direttore 			dei visti, Kemel Aziz Payman, che accettò di semplificare le 			formalità di tutti i dossier che gli sarebbero stati 			presentati. Egli fece in modo che l'Ambasciatore della Romania in 			Turchia, Alexandre Cretzianu, accettasse di collaborare col			 War Refuge Board, e così 48.000 ebrei, tra i 185.000 			deportati furono strappati dai campi della Transistria			 82. Nel 1944, per i perseguitati 			dell'Ungheria, il Papa chiese al reggente Miklòs Horthy 			(1868-1957) «di fare tutto il possibile affinché non siano 			aggravate le sofferenze già così pesanti patite da un gran numero di 			disgraziati a causa della loro nazionalità o della loro razza»			 83 (vedi foto sotto). «La responsabilità della Chiesa venne 			aggravata dal fatto che le
 pressioni della Santa Sede sul reggente Horthy lo avevano convinto, nonostante le violente proteste di 			Hitler, ad accogliere 400.000 profughi dei Paesi vicini che si 			trovavano minacciati di arresto e di deportazione dal nuovo governo 			ungherese imposto al reggente Horthy dai tedeschi. Il 3 luglio 1944, 			il Cardinale Serédi, Primate d'Ungheria, informò Pio XII 			della spietata caccia all'uomo alla quale si dedicavano le autorità 			ungheresi. Il Papa inviò una lettera personale al reggente Horthy e 			suggerì al Cardinale Serédi, che aveva ottenuto dal reggente certe 			garanzie per gli ebrei battezzati, di proporre alle comunità 			ebraiche il battesimo in massa dei loro fedeli. Egli suggerì anche 			al Primate di invitare la Croce Rossa Internazionale a moltiplicare 			i suoi sforzi in Ungheria. Pio XII inviò al Presidente Roosevelt una 			copia del suo messaggio al reggente Horthy, ma precisò a Myron 			Taylor che non rientrava nei suoi poteri "minacciare il governo 			ungherese". Roosevelt capì l'allusione del Papa e scrisse, a sua 			volta, al reggente Horthy minacciando l'Ungheria di bombardamenti, 			se le deportazioni non fossero cessate. Dal canto suo, il re di 			Svezia, allertato dalla nunziatura di Stoccolma, aveva comunicato a 			Giorgio V la lettera del Papa a Horthy. Un cattolico svedese, 			Raoul Wallenberg, finanziato dal "Joint Distribution Committee", 			compì - con la benedizione di Mons. Roncalli, incontrato il 1º 			 agosto ad Istambul - un'opera di ampio respiro che mobilitò tutte le 			associazioni religiose degli episcopati dell'Europa Centrale. Pio 			XII impartì degli ordini al Cardinale Maglione e invitò tutte 			le nunziature a sostenere questa azione in favore della carità. Il 			18 agosto, d'accordo con Pio XII, Mons. Roncalli inviò al Nunzio 			d'Ungheria migliaia di certificati d'immigrazione verso la 			Palestina. Le cerimonie di battesimo si moltiplicarono nei rifugi 			antiaerei e le reti cattoliche fecero evadere più di 25.000 			israeliti dall'Ungheria. I tedeschi se la presero con Horthy, 			arrestarono suo figlio e minacciarono Mons. Roncalli che continuò a 			distribuire alla Croce Rossa dei salvacondotti. Questi documenti, su 			cui apparivano le insegne pontificie, impressionarono le autorità 			tedesche. Il Vescovo di Györ, Mons. William Aport, fornì più di 			10.000 documenti a Raoul Wallenberg. Furono i russi che posero fine 			all'azione di Raoul Wallenberg, il quale venne arrestato il 17 			gennaio e morì per un attacco cardiaco in una prigione di Mosca nel 			1947 84.
 pressioni della Santa Sede sul reggente Horthy lo avevano convinto, nonostante le violente proteste di 			Hitler, ad accogliere 400.000 profughi dei Paesi vicini che si 			trovavano minacciati di arresto e di deportazione dal nuovo governo 			ungherese imposto al reggente Horthy dai tedeschi. Il 3 luglio 1944, 			il Cardinale Serédi, Primate d'Ungheria, informò Pio XII 			della spietata caccia all'uomo alla quale si dedicavano le autorità 			ungheresi. Il Papa inviò una lettera personale al reggente Horthy e 			suggerì al Cardinale Serédi, che aveva ottenuto dal reggente certe 			garanzie per gli ebrei battezzati, di proporre alle comunità 			ebraiche il battesimo in massa dei loro fedeli. Egli suggerì anche 			al Primate di invitare la Croce Rossa Internazionale a moltiplicare 			i suoi sforzi in Ungheria. Pio XII inviò al Presidente Roosevelt una 			copia del suo messaggio al reggente Horthy, ma precisò a Myron 			Taylor che non rientrava nei suoi poteri "minacciare il governo 			ungherese". Roosevelt capì l'allusione del Papa e scrisse, a sua 			volta, al reggente Horthy minacciando l'Ungheria di bombardamenti, 			se le deportazioni non fossero cessate. Dal canto suo, il re di 			Svezia, allertato dalla nunziatura di Stoccolma, aveva comunicato a 			Giorgio V la lettera del Papa a Horthy. Un cattolico svedese, 			Raoul Wallenberg, finanziato dal "Joint Distribution Committee", 			compì - con la benedizione di Mons. Roncalli, incontrato il 1º 			 agosto ad Istambul - un'opera di ampio respiro che mobilitò tutte le 			associazioni religiose degli episcopati dell'Europa Centrale. Pio 			XII impartì degli ordini al Cardinale Maglione e invitò tutte 			le nunziature a sostenere questa azione in favore della carità. Il 			18 agosto, d'accordo con Pio XII, Mons. Roncalli inviò al Nunzio 			d'Ungheria migliaia di certificati d'immigrazione verso la 			Palestina. Le cerimonie di battesimo si moltiplicarono nei rifugi 			antiaerei e le reti cattoliche fecero evadere più di 25.000 			israeliti dall'Ungheria. I tedeschi se la presero con Horthy, 			arrestarono suo figlio e minacciarono Mons. Roncalli che continuò a 			distribuire alla Croce Rossa dei salvacondotti. Questi documenti, su 			cui apparivano le insegne pontificie, impressionarono le autorità 			tedesche. Il Vescovo di Györ, Mons. William Aport, fornì più di 			10.000 documenti a Raoul Wallenberg. Furono i russi che posero fine 			all'azione di Raoul Wallenberg, il quale venne arrestato il 17 			gennaio e morì per un attacco cardiaco in una prigione di Mosca nel 			1947 84.![]()  | ![]()  | ![]()  | 
| Miklòs Horthy | Cardinal Serédi | Raoul Wallenberg | 
L'azione di Wallenberg 			non sarebbe mai stata possibile senza l'influenza di Mons. Roncalli 			e l'appoggio morale e finanziario che questi aveva trovato presso il 			Santo Padre. Il 1º agosto 1944, mentre Wallenberg lottava per 			ampliare la protezione degli ebrei di Budapest, il presidente del 			"War Refuge Board" si recò da Mons. Roncalli per descrivere la 			situazione esasperata degli ebrei in Ungheria. Il Delegato 			apostolico spiegò allora gli sforzi segreti intrapresi da Pio XII, 			dispiacendosi di non poter dissipare il velo che copriva gli 			interventi del Papa presso le autorità ungheresi, rumene, bulgare, 			tedesche e alleate» 85. È in tutta 			verità che Pio XII potè dire: «Non c'è nessuno sforzo che non 			abbiamo tentato, nessuna pena che ci siamo risparmiati per evitare 			alle popolazioni gli orrori delle deportazioni e dell'esilio; e 			quando la dura realtà è venuta a deludere le Nostre più legittime 			attese, abbiamo operato almeno per attenuarne il rigore».
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Sopra, telegramma in lingua francese inviato 			da Pio XII al reggente ungherese 			 Miklòs Horthy il 25 			giugno 1944. Eccone il testo: «Da 			più parti Noi supplichiamo tutti di fare ogni sforzo affinché in 			questa nobile e cavalleresca nazione, non sia estesa e aggravata la 			sofferenza già così pesante subite da molti infelici a causa della 			loro nazionalità o dalla loro razza. Il nostro cuore di padre 			non può restare insensibile a questi appelli urgenti a causa del 			nostro ministero di carità, che abbraccia tutti gli uomini. Noi ci 			rivolgiamo personalmente a Vostra Altezza facendo appello ai Suoi 			nobili sentimenti nella piena fiducia che lei vorrà fare tutto 			quanto in suo potere perché siano risparmiati a tanti infelici altri 			lutti e altri dolori. Pius P. XII». 
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l			 Testimonianze
«Istintivamente, le vittime 			stritolate in questi anni infernali si volgono verso l'unico capo 			dalle mani pure, il solo che non aveva parlato e agito che per il 			bene e il sollievo delle vittime» 86. 			Fu così che nel 1946, settanta scampati alla deportazione, con il 			volto segnato dalla sofferenza, vennero a ringraziare Pio XII per il 			suo atteggiamento tenuto durante la guerra 87.			 «Da Israele e da tutti i punti d'Europa affluirono in Vaticano 			gli omaggi - sia ufficiali che privati - degli ebrei che Pio XII 			aveva soccorso con interventi necessariamente segreti. Un buon 			numero di questi messaggi di gratitudine fu accompagnato da udienze 			personali, da visite collettive, da doni, da offerte musicali come 			quella della nona sinfonia di Beethoven che vennero ad eseguire il 			26 maggio 1955, sotto la direzione di Paul Kletzki, 			novantaquattro musicisti ebrei, originari di quattordici Paesi "in 			ringraziamento della grandiosa opera umanitaria compiuta da Sua 			Santità per salvare un gran numero di ebrei durante la seconda 			guerra mondiale"» 88. Albert 			Einstein si fece portavoce dei superstiti del dramma ebraico 			dichiarando: «La Chiesa cattolica è stata l'unica ad 			elevare la voce contro l'attacco condotto da Hitler contro la 			libertà. Fino ad oggi, la Chiesa non aveva mai 			richiamato la mia attenzione, ma oggi esprimo la mia grande 			ammirazione e il mio profondo attaccamento a questa Chiesa che,			 unica, ha avuto l'incrollabile coraggio di lottare 			per le libertà morali e spirituali» 89. 			Il Gran Rabbino di Roma Israel Zolli (1881-1956) celebrò 			pubblicamente «la grande bontà compassionevole e la magnanimità 			del Papa» cui egli e molti dei suoi dovevano la vita. Toccato 			dalla grazia, egli si fece battezzare con il nome di Eugenio. 			«Nessun eroe della Storia - disse - ha mai comandato un 			esercito più valoroso, più attaccato e più eroico di Pio XII in nome 			della carità cristiana» 90. Pinchas Lapide, che fu Ambasciatore d'Israele a Milano al tempo di 			Pio XII, dichiarò al corrispondente di Le Monde il 13 			dicembre 1963: «Posso affermare che il Papa personalmente, 			la Santa Sede, i Nunzi e tutta la Chiesa cattolica hanno 			salvato dai 150.000 ai 400.000 ebrei da morte certa. 			Quando fui ricevuto a Venezia da Mons. Roncalli, e gli espressi la 			gratitudine del mio Paese per la sua azione in favore degli ebrei 			mentre era Nunzio ad Istambul, mi interruppe a più riprese per 			ricordarmi che ogni volta aveva agito su ordine preciso di Pio XII.			 Non capisco per quale motivo ora qualcuno se la prenda con Pio 			XII, mentre per numerosi anni ci si è recati a rendergli 			omaggio. All'indomani della liberazione di Roma, facevo parte di una 			delegazione di soldati della squadra palestinese che venne ricevuta 			dal Papa e che gli manifestò la riconoscenza [...] per ciò 			che aveva fatto in favore degli ebrei» 91.![]()  | ![]()  | 
| Paul Kletzki | Eugenio Zolli | 
Il corrispondente di Le Monde aggiunge: «Pinchas Lapide 			non riesce a comprendere perché ora ci si accanisca contro Pio XII 			che non disponeva né di divisioni blindate, né di una flotta aerea, 			mentre Stalin, Roosevelt e Churchill, che ne comandavano, non hanno 			mai voluto servirsene per distruggere la rete ferroviaria che 			conduceva gli ebrei ai campi di concentramento»			 92. La Gazzette de Liège, del 23 			gennaio
 1964, riaffermò la stima già espressa da Pinchas Lapide per 			il Santo Padre, dando la seguente notizia: «Maurice Edelman, 			deputato laburista, presidente dell'Associazione anglo-ebraica, ha 			dichiarato che "l'intervento di Papa Pio XII ha permesso di salvare 			decine di migliaia di ebrei durante la guerra". Edelman ha rivelato 			che, fin dalla fine della guerra, era stato ricevuto in udienza 			privata da Papa Pio XII che gli aveva parlato della Chiesa cattolica 			nei suoi rapporti con i nazisti e gli ebrei. Dopo avere 			denunciato l'antisemitismo come un peccato, ha detto che, 			durante la guerra, aveva dato segretamente al clero cattolico 			l'ordine di accogliere e di proteggere gli ebrei. Grazie a questo 			intervento, decine di migliaia di ebrei sono stati salvati»			 93. «Sulle cifre, Maurice Edelman è 			dunque d'accordo con Pinchas Lapide, il quale, come abbiamo detto, 			fissò ad un minimo di 150.000 il numero di ebrei salvati da Pio XII			 94. Il primo, deputato laburista inglese, 			e, se non è ebreo, perlomeno attivamente giudeofilo, e il secondo, 			ex Ambasciatore d'Israele a Milano, si sono entrambi informati 			presso una buona fonte, poco sospetta di simpatie pregiudiziali 			verso Pio XII» 95. «Alla morte 			di Pio XII, le più alte cariche ebraiche si distinsero per gli 			espliciti omaggi di riconoscenza. Golda Meir, a quel tempo Ministro 			 
degli Esteri d'Israele, proclamò: "Condividiamo il dolore 			dell'umanità [...]. Durante il decennio del terrore 			nazista, quando il nostro popolo subì un martirio terribile,			 la voce del Papa si è elevata per condannare i persecutori e per 			invocare la pietà verso le loro vittime". I Gran Rabbini di 			tutti i Paesi, uomini di Stato, e perfino il radicale Mendès-France, 			parlarono nello stesso senso. Non una nota discordante si udì, non 			più di quante ce ne fossero state alla fine della guerra, quando le 			squadre ebraiche dell'esercito americano che entrarono in Roma 			avevano celebrato solennemente i benefici e l'azione del grande 			Papa, considerato da tutti come il vero liberatore e salvatore non 			solo della città, ma di centinaia di migliaia di ebrei che la Chiesa 			aveva accolto su suo ordine in tutti i conventi d'Europa e in un 			gran numero di famiglie cattoliche» 96. 			Cinque anni dopo la sua morte, i cattolici stessi non hanno reagito 			come conveniva agli attacchi, alle deformazioni e alle elucubrazioni 			di coloro che rifanno la Storia a posteriori e che non rischiano 			nulla a mentire «al condizionale passato», come disse Alexis 			Curvers. Occorreva una voce che si esprimesse in modo altisonante 			per tagliare corto con questi propositi diffamatori. Fu quella del			 Cardinale Giovanni Battista Montini (1897-1978) che, dopo 			aver concesso un'intervista l'11 maggio 1963, alla vigilia della sua 			elezione al soglio pontificio,
 alla rivista inglese The Tablet, 			a proposito dell'opera teatrale Il Vicario, fece questa 			solenne dichiarazione, all'epoca del suo viaggio in Terra Santa, il 			5 gennaio 1964, prima di lasciare il territorio israeliano, davanti 			alla porta del mandorlo dove i tappeti preziosi cospargevano il 			suolo mentre le truppe presentavano le armi: «Non nutriamo, verso 			tutti gli uomini e verso tutti i tuoi popoli, che pensieri di 			benevolenza. La Chiesa, infatti, li ama tutti. Il nostro grande 			predecessore, Pio XII, lo affermò con forza e a più riprese durante 			l'ultimo conflitto mondiale, e tutto il mondo sa che lo ha fatto per 			la difesa e la salvezza di tutti quelli che erano nella prova senza 			nessuna distinzione. E tuttavia, come sapete, si è voluto gettare 			dei sospetti e persino delle accuse, contro la memoria di questo 			grande Pontefice. Siamo felici di avere l'opportunità di affermarlo 			in questo giorno e in questo luogo: niente di più ingiusto di questo 			attentato ad una tanto venerabile memoria. Quelli che, come Noi, 			hanno conosciuto da vicino questa anima ammirevole sanno fin dove 			potevano andare la sua sensibilità, la sua compassione per le 			sofferenze umane, il suo coraggio, la sua delicatezza di cuore. Lo 			sapevano anche quelli che, all'indomani della guerra, vennero, con 			le lacrime agli occhi, a ringraziarlo per aver salvato loro la vita. 			Veramente, sull'esempio di Colui che rappresenta quaggiù, il Papa 			non desidera nient'altro che il vero bene di tutti gli uomini». 			Concludiamo dicendo con Alexis Curvers che «di fronte all'empietà 			e alla menzogna, i cui colpi si confondono, Pio XII portò al più 			alto grado della loro armonia la verità soprannaturale e la prudenza 			terrestre» 97, che «contrariamente a ciò che si vorrebbe far credere oggi alla massa 			delle persone malinformate, Pio XII ha parlato, Pio XII ha 			condannato, Pio XII ha agito», e che «se non ha parlato, 			condannato o agito, fu perché aveva l'intima convinzione che sarebbe 			stato il più grande danno per coloro ai quali, con tutta la sua 			anima, voleva evitare il peggio» 98.
 1964, riaffermò la stima già espressa da Pinchas Lapide per 			il Santo Padre, dando la seguente notizia: «Maurice Edelman, 			deputato laburista, presidente dell'Associazione anglo-ebraica, ha 			dichiarato che "l'intervento di Papa Pio XII ha permesso di salvare 			decine di migliaia di ebrei durante la guerra". Edelman ha rivelato 			che, fin dalla fine della guerra, era stato ricevuto in udienza 			privata da Papa Pio XII che gli aveva parlato della Chiesa cattolica 			nei suoi rapporti con i nazisti e gli ebrei. Dopo avere 			denunciato l'antisemitismo come un peccato, ha detto che, 			durante la guerra, aveva dato segretamente al clero cattolico 			l'ordine di accogliere e di proteggere gli ebrei. Grazie a questo 			intervento, decine di migliaia di ebrei sono stati salvati»			 93. «Sulle cifre, Maurice Edelman è 			dunque d'accordo con Pinchas Lapide, il quale, come abbiamo detto, 			fissò ad un minimo di 150.000 il numero di ebrei salvati da Pio XII			 94. Il primo, deputato laburista inglese, 			e, se non è ebreo, perlomeno attivamente giudeofilo, e il secondo, 			ex Ambasciatore d'Israele a Milano, si sono entrambi informati 			presso una buona fonte, poco sospetta di simpatie pregiudiziali 			verso Pio XII» 95. «Alla morte 			di Pio XII, le più alte cariche ebraiche si distinsero per gli 			espliciti omaggi di riconoscenza. Golda Meir, a quel tempo Ministro 			 
degli Esteri d'Israele, proclamò: "Condividiamo il dolore 			dell'umanità [...]. Durante il decennio del terrore 			nazista, quando il nostro popolo subì un martirio terribile,			 la voce del Papa si è elevata per condannare i persecutori e per 			invocare la pietà verso le loro vittime". I Gran Rabbini di 			tutti i Paesi, uomini di Stato, e perfino il radicale Mendès-France, 			parlarono nello stesso senso. Non una nota discordante si udì, non 			più di quante ce ne fossero state alla fine della guerra, quando le 			squadre ebraiche dell'esercito americano che entrarono in Roma 			avevano celebrato solennemente i benefici e l'azione del grande 			Papa, considerato da tutti come il vero liberatore e salvatore non 			solo della città, ma di centinaia di migliaia di ebrei che la Chiesa 			aveva accolto su suo ordine in tutti i conventi d'Europa e in un 			gran numero di famiglie cattoliche» 96. 			Cinque anni dopo la sua morte, i cattolici stessi non hanno reagito 			come conveniva agli attacchi, alle deformazioni e alle elucubrazioni 			di coloro che rifanno la Storia a posteriori e che non rischiano 			nulla a mentire «al condizionale passato», come disse Alexis 			Curvers. Occorreva una voce che si esprimesse in modo altisonante 			per tagliare corto con questi propositi diffamatori. Fu quella del			 Cardinale Giovanni Battista Montini (1897-1978) che, dopo 			aver concesso un'intervista l'11 maggio 1963, alla vigilia della sua 			elezione al soglio pontificio,
 alla rivista inglese The Tablet, 			a proposito dell'opera teatrale Il Vicario, fece questa 			solenne dichiarazione, all'epoca del suo viaggio in Terra Santa, il 			5 gennaio 1964, prima di lasciare il territorio israeliano, davanti 			alla porta del mandorlo dove i tappeti preziosi cospargevano il 			suolo mentre le truppe presentavano le armi: «Non nutriamo, verso 			tutti gli uomini e verso tutti i tuoi popoli, che pensieri di 			benevolenza. La Chiesa, infatti, li ama tutti. Il nostro grande 			predecessore, Pio XII, lo affermò con forza e a più riprese durante 			l'ultimo conflitto mondiale, e tutto il mondo sa che lo ha fatto per 			la difesa e la salvezza di tutti quelli che erano nella prova senza 			nessuna distinzione. E tuttavia, come sapete, si è voluto gettare 			dei sospetti e persino delle accuse, contro la memoria di questo 			grande Pontefice. Siamo felici di avere l'opportunità di affermarlo 			in questo giorno e in questo luogo: niente di più ingiusto di questo 			attentato ad una tanto venerabile memoria. Quelli che, come Noi, 			hanno conosciuto da vicino questa anima ammirevole sanno fin dove 			potevano andare la sua sensibilità, la sua compassione per le 			sofferenze umane, il suo coraggio, la sua delicatezza di cuore. Lo 			sapevano anche quelli che, all'indomani della guerra, vennero, con 			le lacrime agli occhi, a ringraziarlo per aver salvato loro la vita. 			Veramente, sull'esempio di Colui che rappresenta quaggiù, il Papa 			non desidera nient'altro che il vero bene di tutti gli uomini». 			Concludiamo dicendo con Alexis Curvers che «di fronte all'empietà 			e alla menzogna, i cui colpi si confondono, Pio XII portò al più 			alto grado della loro armonia la verità soprannaturale e la prudenza 			terrestre» 97, che «contrariamente a ciò che si vorrebbe far credere oggi alla massa 			delle persone malinformate, Pio XII ha parlato, Pio XII ha 			condannato, Pio XII ha agito», e che «se non ha parlato, 			condannato o agito, fu perché aveva l'intima convinzione che sarebbe 			stato il più grande danno per coloro ai quali, con tutta la sua 			anima, voleva evitare il peggio» 98.![]()  | ![]()  | ![]()  | 
Armeria anticattolica 
Da sinistra: la locandina del film Amen 			(Cecchi Gori 2002), diretto dal regista Costa Gavras. La 			pellicola racconta la storia di un chimico, cristiano e ufficiale 			delle SS, che scopre che le sue ricerche sul gas Zyclon B 			verranno utilizzate contro gli ebrei nei campi di concentramento. 			L'ufficiale informa del progetto il Vaticano, ma la sua denuncia non 			provoca l'effetto desiderato. Seguono i libri di John Corwell			 The Hitler's Pope («Il 
Papa di Hitler») e The Catholich Church and Nazi Germany («La Chiesa cattolica e la Germania nazista») di Guenter Lewy, altre due opere ferocemente critiche nei confronti del presunto «silenzio» di Papa Pio XII.  | ||
APPENDICE I
CRONOLOGIA
CRONOLOGIA
- 1917-1920: Mons. Pacelli Nunzio a Monaco;
 - 1922: elezione di Pio XI;
 - 1920-1929: Mons. Pacelli Nunzio a Berlino;
 - 1929: Mons. Pacelli nominato Cardinale;
 - 11 febbraio 1929: Trattato del Laterano;
 - 1930: il Cardinale Pacelli nominato Segretario di Stato;
 - 1931: Enciclica Non Abbiamo Bisogno, in risposta agli attacchi fascisti;
 - Gennaio 1933; Hitler diventa Cancelliere del Reich;
 - 20 luglio 1933: firma del Concordato tra la Santa Sede e la Germania;
 - 1936: inizio della deportazione degli ebrei in Germania;
 - 1936: entrata delle truppe tedesche in Renania;
 - 14 marzo 1937: Enciclica Mit brennender Sorge, contro il nazismo;
 - 19 marzo 1937: Enciclica Divini Redemptoris, contro il comunismo;
 - 13 marzo 1938: l'Anschluss (annessione dell'Austria alla Germania);
 - 29 settembre 1938: Monaco;
 - 9-10 novembre 1938: la Kristallnacht;
 - 9 febbraio 1939: morte di Pio XI;
 - 2 marzo 1939: il Cardinal Pacelli eletto Papa Pio XII;
 - 15 marzo 1939: le truppe tedesche entrano a Praga;
 - 23 agosto 1939: Stalin tratta con la Germania;
 - 1º settembre 1939: le truppe tedesche entrano in Polonia;
 - 20 ottobre 1939: Enciclica Summi Pontificatus, sul materialismo politico;
 - 21 giugno 1941: offensiva tedesca contro l'Unione Sovietica;
 - 7 dicembre 1941: attacco a Pearl Harbour;
 - Febbraio 1942: primi insuccessi dell’esercito tedesco sul fronte dell'Est;
 - Novembre 1942: sbarco degli alleati in Africa Settentrionale;
 - 10 luglio 1943: gli alleati sbarcano in Sicilia:
 - 19 luglio 1943: primo bombardamento di Roma;
 - 25 luglio 1943: Mussolini destituito e arrestato;
 - Luglio 1943: Weizsäcker succede a Bergen come Ambasciatore della Germania presso il Vaticano;
 - 10 settembre 1943: i tedeschi invadono Roma;
 - 19 marzo 1944: le truppe tedesche occupano l'Ungheria;
 - 6 giugno 1944: Roma è nelle mani degli Alleati;
 - 8 maggio 1945: capitolazione della Germania;
 - 9 ottobre 1958: morte di Pio XII.
 
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A sinistra, lo scrittore ebreo statunitense 			Daniel Jonah Goldhagen, e a destra il suo libro Die 			katholische Kirche und der Holocaust. Eine Untersuchung über Schuld 			und Sühne («La Chiesa cattolica e l'Olocausto. Un esame sulla 			colpa e sull'espiazione»), un'opera fortemente critica nei confronti 			di Papa Pacelli a causa del suo «silenzio». 
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APPENDICE II
TESTIMONIANZA DI ALBRECHT VON KESSEL 99
TESTIMONIANZA DI ALBRECHT VON KESSEL 99
«Rompo il silenzio in questi mesi 			in cui viene messa in scena l'opera teatrale "Il Vicario" perché ero 			membro dell'ambasciata tedesca presso la Santa Sede e perché credo, 			con la mia esperienza di dodici anni di nazismo e di terrore, di 			potere contribuire ad esprimere un giudizio sui fatti romani. Il 			compito della nostra ambasciata presso il Vaticano non era facile. 			Nel suo isterismo, Hitler era capace di ogni crimine. Aveva sempre 			ventilato la possibilità di fare prigioniero il Papa e di deportarlo 			nel "Grande Reich" - nel periodo che va da settembre del 1943 a 			giugno del 1944 - vale a dire fino all'arrivo degli alleati. Se il 			Papa si fosse opposto a questa misura, forse sarebbe stato passato 			per le armi. Pensavamo che il nostro principale dovere fosse di 			impedire almeno questo crimine (l'assassinio del Papa), malefatta 			che sarebbe stata perpetrata nel nome del popolo tedesco. Von 			Weizsäcker doveva lottare su due fronti: raccomandare alla Santa 			Sede - e dunque al Papa - di non intraprendere azioni sconsiderate, 			ossia azioni di cui forse non percepiva tutte le ultime e 			catastrofiche conseguenze... D'altra parte, dovevamo cercare di 			persuadere i nazisti, per mezzo di rapporti diplomatici fatti ad 			arte, che il Vaticano dava prova di "buona volontà" e che le 			innumerevoli azioni particolari della Santa Sede in favore degli 			ebrei erano cose insignificanti da non prendere sul serio. Ogni 			membro dell'ambasciata tedesca presso il Vaticano, sebbene ci 			fossero opinioni diverse sulla situazione, era senza eccezione 			d'accordo su questo punto: una protesta solenne di Pio XII contro la 			persecuzione degli ebrei avrebbe probabilmente esposto lui e tutta 			la Curia romana ad un gravissimo pericolo, e certamente nell'autunno 			del 1943, questa non avrebbe salvato la vita a nessun ebreo. Hitler 			scatenato, reagiva tanto più orribilmente quanto più incontrava 			resistenza».
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| Albrecht von Kessel | Ernst von Weizsäcker | 
APPENDICE III
CALUNNIA ANTICATTOLICA
CALUNNIA ANTICATTOLICA
Nel 1976, Alain Peyrefitte 			(1925-1999), membro dell'Académie Française e sette volte 			ministro, pubblicò il libro Le mal français («Il male 			francese»), edito da Plon. La tesi centrale era semplice: il male 			francese è il cattolicesimo. Si rivelò come un vero best seller, 			vigorosamente sostenuto da una pubblicità del tutto eccezionale. Tra 			le altre, esso conteneva questa affermazione: «Hitler, austriaco 			di nascita, conobbe nella Baviera (cattolica) il più grande appoggio 			popolare. Mentre i congiurati di luglio del 1944 contro Hitler erano 			tutti protestanti, e in particolare calvinisti»			 100. Peyrefitte si sbagliava e ingannava 			grossolanamente, come dimostra il libro di Erik von Kuehnelt-Leddihn 			(1909-1999) Liberty and Equality 101, 			pubblicato a Londra da Mellis & Carter nel 1952: fu nelle regioni a 			maggioranza cattolica, tra cui la Baviera, che alle elezioni del 31 			luglio 1932 in Germania, il partito di Hitler ottenne la più debole 			percentuale di voti. Quanto agli autori dell'attentato mancato di 			luglio del 1944 contro Hitler, colui che pose e innescò la bomba, in 			presenza di Hitler, Claus von Stauffenberg (1907-1944) era 			cattolico, come lo erano molti altri congiurati. Nel numero di 			aprile 1992 di Reconquête, il bollettino del Centro H. e 			A. Charlier, Albert Chambon (1909-1992), ex partigiano e 			deportato, ex ambasciatore di Francia, si indignò per gli attacchi 			isterici lanciati contro la Chiesa cattolica, e offrì la sua 			testimonianza in questi termini: «Se ci sono degli strampalati 			che vogliono fare il processo alla Chiesa sotto l'occupazione, e 			persino quello alla cristianità, ci troverebbero presenti, noi, i 			superstiti della resistenza e dei campi di concentramento, in 			tribunale, per ricordare che conosciamo lo stato civile, la data di 			arresto e i nomi dei cinquecento sacerdoti francesi che furono 			deportati per fatti di resistenza nei campi della morte, che 			conosciamo lo stato civile e la data in cui furono fucilati o uccisi 			nelle prigioni della Gestapo più di cento di essi, che conosciamo lo 			stato civile e la diocesi dei duecentodieci preti incarcerati dalla 			Gestapo» 102.
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| Alain Peyrefitte | Kuehnelt-Leddihn | Claus von Stauffenberg | 
Note
1 			Traduzione dall'originale francese Le Vatican et les Juifs au 			temps du nazisme («Il Vaticano e gli ebrei ai tempi del 			nazismo»), a cura di Paolo 			Baroni. Opuscolo pubblicato da Action Familiale et 			Scolaire.
2 			Cfr. R. Casin,			 Mensonges et silences sur Pie 			XII («Menzogne e silenzi su Pio XII»), Ed. Regain, 1965, pag. 			68.
3 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, Pie XII devant l'Histoire («Pio XII davanti 			alla Storia»), Ed. R. Laffont, 1972, pagg. 68-69.
4 			Cfr. R. Casin, op. 			cit., pag. 34.
5 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 71.
6			 Ibid.
7			 Ibid., pag. 78.
8			 Ibid., pag. 421.
9 			Così Pio XII; cit. in P. R. A.			 Graham s.j. in un 			articolo intitolato Les projets de Hitler sur l'Église et l'attitude 			de Pie XII («I progetti di Hitler sulla Chiesa e l'atteggiamento 			di Pio XII»), in Documentation Catholique, del 3 gennaio 			1988, pag. 43.
10 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 119.
11 			Ambasciatore della Germania presso il Vaticano fino a luglio del 			1943.
12 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 314.
13 			Cfr. A. Curvers, Le 			Pape outragé («Il Papa oltraggiato»), D.M.M. 1988, pag. 71.
14 			Cfr. P. R. A. Graham s.j.,			 art. cit.
15 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 272.
16			 Ibid., pag. 426.
17			 Ibid., pag. 298.
18			 Ibid., pag. 299.
19 			Ibid.
20			 Ibid., pag. 305.
21			 Ibid., pag. 298.
22			 Ibid., pag. 426.
23			 Ibid., pag. 302.
24			 Ibid., pag. 334.
25			 Ibid., pag. 320.
26			 Ibid., pag. 193.
27 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit.
28 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 366.
29			 Ibid., pagg. 366-367.
30			 Ibid., pag. 103.
31			 Ibid., pagg. 367-368.
32			 Ibid., pag. 100.
33			 Ibid., pag. 368.
34			 Ibid., pag. 355.
35 			Cfr. M. I. Dimont, 			Les Juifs, Dieu et l'Histoire, pag. 407; cit. in A.			 Curvers, op. cit.
36 			Cfr. A. Chambon, An 			2000. Déclin et renouveau de la civilisation occidentale («Anno 			2000. Declino e rinnovamento della civiltà occidentale »), Ed. du 			Cerf, 1991, pag. 33. L'ex ambasciatore Albert Chambon, autore di 			questo libro, fece parte della Resistenza e venne deportato.
37 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 403.
38			 Ibid., pag. 403.
39 			Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede durante la Seconda 			Guerra Mondiale.
40 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 369.
41			 Ibid., pag. 310.
42			 Ibid., pag. 235.
43			 Ibid., pag. 380.
44 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 70.
45			 Ibid., pag. 121.
46			 Ibid., pag. 18.
47 			Cfr. S. P. Lehnert, 			 Mon privilège fut de le servir («Il mio privilegio fu di servirlo»), Téqui 1982, pag. 51.
48			 Ibid., pag. 136.
49 			Riprodotto nell'Osservatore Romano in lingua francese, del 10 			aprile 1964.
50 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 59.
51 			Cfr. S. P. Lehnert, 			op. cit., pag. 135.
52 			Lettera di Pio XII a Mons. von Preysing, del 30 aprile 1943.
53 			Cfr. S. P. Lehnert, 			op. cit., pag. 173.
54			 Ibid., pag. 136.
55 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 253.
56			 Ibid., pag. 368.
57 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 59. Questa ultima frase del Papa lascia 			intravedere la sua umiltà e ansia intellettuale.
58 			Vedi Appendice II.
59 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 102.
60			 Ibid., pag. 60.
61			 Ibid., pag. 89.
62 			Cfr. P. R. A. Graham s.j.,			 «Le Vatican et les Juifes réfugiés en Italie pendant la guerre» 			(«Il Vaticano e i profughi ebrei in Italia durante la guerra»), in			 Documentation Catholique, n° 1945, 2-16 agosto 1987, pag. 			808.
63 			Cfr. P. R. A. Graham s.j.,			 art. cit.
64			 Ibid.
65 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pagg. 355-356.
66 			Cfr. S. P. Lehnert, 			op. cit., pag. 138.
67 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 356.
68 			Cfr. S. P. Lehnert, 			op. cit., pag. 138.
69 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pagg. 81, 82.
70 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 357.
71 			Cfr. S. P. Lehnert, 			op. cit., pag. 138. L'Autore si riferisce a non pochi comunisti 			nascosti nei conventi che all'indomani della liberazione 			ricominciarono a fare propaganda anticattolica.
72 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pagg. 356-357.
73			 Ibid., pag. 281.
74 			Nel febbraio del 1944, i tedeschi, con il pretesto dei bombardamenti 			alleati, presero in considerazione il trasferimento di Pio XII in 			Germania. Dal canto suo, Weizäcker sapeva che certi fanatici, molto 			addentro al Quartier Generale, volevano l'esecuzione del Papa nel 			caso in cui questi avesse resistito alla rimozione prevista dalle 			autorità tedesche (cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 395). Vedi Appendice II.
75 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 310.
76 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 85.
77			 Ibid.
78 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 396.
79 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 85.
80 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 401.
81 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 86, nota nº 1. Estratto da uno studio apparso 			sulla rivista America, di Washington.
82 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pagg. 401, 402.
83 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 86. A questo proposito, Curvers cita Padre Toulat 			da un libro scritto dall'ebreo Poliakov, un'autorità in materia di 			persecuzione ebraica e di nazismo, che scrive: «È certo che le 			istruzioni segrete partivano dal Vaticano, raccomandando alle Chiese 			nazionali di intervenire in favore degli ebrei».
84 			Mons. Roche espone la versione ufficiale - quella sovietica - della 			morte di Wallemberg. Essa è molto contestata.
85 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pagg. 404, 405.
86 			Cfr. R. Casin, op. 			cit., pag. 17.
87 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 19.
88			 Ibid., pag. 41.
89 			Cfr. Mons. G. Roche-P. Saint 			Germain, op. cit., pag. 14.
90 			Cfr. S. P. Lehnert, 			op. cit., pag. 135.
91 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 94.
92			 Ibid., pag. 45.
93			 Ibid., pag. 85.
94 			In realtà, si tratta di una cifra ben più elevata.
95 			Cfr. A. Curvers, 			op. cit., pag. 81.
96			 Ibid., pagg. 199, 200.
97			 Ibid., pag. 126.
98			 Ibid., pag. 53. Le ultime due citazioni sono di Padre Riquet.
99 			Collaboratore di M. von Weizsäcker, ambasciatore del Terzo Reich 			presso il Vaticano (cfr. Osservatore Romano, del 28 giugno 			1964).
			100 Cfr. E. von 			Kuehnelt-Leddihn, Liberty and Equality («Libertà ed 			uguaglianza»), pagg. 16-17.
			101 Cfr. Permanences, nº 144, novembre 1977.
			102 Cfr. A. 			Chambon, op. cit.












































